Anniversario. Papa Francesco ai domenicani: guai a una Chiesa che perde il sapore
(Foto Siciliani)
È terminata con un rendimento di «gloria al Padre» per l’opera di san Domenico, «pieno della luce e del sale di Cristo», l’omelia pronunciata da papa Francesco per il Giubileo dell’ordine da lui fondato. Un’opera, ha spiegato, «al servizio del Vangelo, predicato con la parola e con la vita». Un’opera che, «con la grazia dello Spirito Santo, ha fatto sì che tanti uomini e donne siano stati aiutati a non disperdersi in mezzo al “carnevale” della curiosità mondana, ma invece abbiano sentito il gusto della sana dottrina, il gusto del Vangelo, e siano diventati, a loro volta, luce e sale, artigiani di opere buone».
La celebrazione eucaristica presieduta dal Pontefice si è tenuta nella Basilica Lateranense e ha segnato il momento culminante del Giubileo che ha avuto per tema "Mandati a predicare il Vangelo" e che è stato indetto per fare memoria degli 800 anni dalla conferma della fondazione dell’Ordine dei predicatori da parte di Onorio III. Prendendo spunto dalle letture proclamate papa Francesco ha ricordato che oggi come in ogni epoca la vita degli uomini si muove sempre tra «due scenari»: da una parte «il “carnevale” della curiosità mondana», dall'altra «la glorificazione del Padre mediante le opere buone».
Il primo scenario, ha aggiunto, «ai nostri giorni si è molto sviluppato e globalizzato a causa della seduzione del relativismo soggettivista». Infatti «la tendenza alla ricerca di novità propria dell’essere umano trova l’ambiente ideale nella società dell’apparire, nel consumo, in cui spesso si riciclano cose vecchie, ma l’importante è farle apparire come nuove, attraenti, accattivanti». Anche «la verità è truccata».
Così «ci muoviamo nella cosiddetta “società liquida”, senza punti fissi, scardinata, sbullonata, priva di riferimenti solidi e stabili; nella cultura dell’effimero, dell’usa-e-getta». Ora, di fronte «a questo “carnevale” mondano», papa Francesco invita a passare dalla «superficialità pseudo-festosa» alla glorificazione di Dio che «è la vera festa». Un passaggio che avviene «grazie alle opere buone di coloro che, diventando discepoli di Gesù, sono diventati “sale” e “luce”». Infatti «in mezzo al “carnevale” di ieri e di oggi», questa è «la risposta di Gesù e della Chiesa», questo è «l’appoggio solido in mezzo all'ambiente “liquido”», e cioè «le opere buone che possiamo compiere grazie a Cristo e al suo Santo Spirito, e che fanno nascere nel cuore il ringraziamento a Dio Padre, la lode, o almeno la meraviglia e la domanda: “perché?”, “perché quella persona si comporta così?”: l’inquietudine del mondo di fronte alla testimonianza del Vangelo». Ma perché accada «questa “scossa”», sottolinea il Pontefice, bisogna che «il sale non perda il sapore e la luce non si nasconda», come si legge nel quinto capitolo di Matteo.
Laddove Gesù dice «molto chiaramente», che se il sale perde il sapore non serve più a niente. E quindi, ha esclamato papa Francesco: «Guai al sale che perde il sapore! Guai a una Chiesa che perde il sapore! Guai a un prete, a un consacrato, a una congregazione che perde il sapore!».