Chiesa

IL SANTUARIO. La devozione dell’isola per la «Cachita»

Lucia Capuzzi giovedì 22 marzo 2012
In mano, portano girasoli, rose gialle - colore della divinità nella tradizione religiosa africana - e manghi. Pochi questi ultimi, quasi introvabili nei mercati statali e acquistabili solo nei negozi in dollari. Ogni settimana, circa 10mila cubani si arrampicano sulla collina di El Cobre per visitare il Santuario della Vergine della Carità. La piccola immagine della Madonna - appena 40 centimetri di lunghezza - dimora nella cappelletta a lato della Basilica. Ora, in vista dell’arrivo del Papa, il numero di devoti è raddoppiato. Sono trascorsi esattamente 400 anni da quando tre umili pescatori di nome Juan - due indigeni e un nero - la trovarono nella baia di Nipe. Nei secoli, l’immagine di Nostra Signora della Carità è diventata simbolo dell’identità stessa del popolo cubano. «C’è un importante fattore storico», spiega José A. Matos Arévalos, ricercatore della Fondazione Francisco Ortiz dell’Avana e tra i più noti antropologi dell’isola, autore di un recente studio sulla Vergine del Cobre. Nella prima metà del XIX secolo furono pubblicati i manoscritti del presbitero Onofre de Fonseca, primo cappellano del Santuario del Cobre. «Era un momento di fermento: gli intellettuali creoli, nel tentativo di ribellarsi al giogo coloniale spagnolo, cercavano di affermare la specificità della cultura cubana. Da qui la grande attenzione per le opere di Fonseca e per il culto delle Vergine della Carità – aggiunge lo studioso –. La devozione verso quest’ultima divenne simbolo della "cubanità". Tanto che, poi, l’immagine fu usata come stendardo dagli eserciti indipendentisti». Dal punto di vista iconografico, inoltre, l’effigie sintetizza l’essenza cubana. «La Vergine è castana, meticcia, mulatta, i cubani di ogni razza si possono riconoscere in lei». Da qui lo straordinario affetto nei confronti della «Cachita» - diminutivo affettuoso di «carità» col quale la chiama la gente - da parte di credenti, atei o appartenenti ad altre religioni. Sentimento che ha permesso alla devozione di sopravvivere anche nel periodo del cosiddetto ateismo di Stato, politica poi abbandonata da Fidel Castro dagli anni Novanta. Basta fare una visita nella sala degli "ex voto", adiacente al Santuario, per comprendere la "popolarità" della Vergine. Tra l’infinità di omaggi - ciocche di capelli, una tv, un tesi di laurea, mostrine di tutti gli eserciti che hanno combattuto nell’isola - spicca una statuetta in oro. A donarla fu Lina Ruiz perché proteggesse il figlio Fidel Castro allora impegnato a lottare contro il dittatore Batista sulla Sierra Maestra. Fino al tentativo di furto del 1986, qui era esposta anche la medaglia del Nobel di Ernest Hemingway. «La Vergine del Cobre vive nel cuore di tutto il popolo come simbolo dell’identità cubana», conclude Matos.