Il dato. Le suore? Sempre più digitali. Così cresce il carisma della comunicazione
Una suora scatta una foto del Papa col tablet
Avere dei missionari e delle missionarie digitali in ogni istituto per creare comunione e ponti di dialogo nel sesto continente, quello digitale», «sensibilizzare la leadership, a tutti i livelli, alla cultura digitale e alle sue potenzialità nel campo dell’evangelizzazione, della pastorale vocazionale e della diffusione del carisma», «curare l’aggiornamento delle formatrici, riducendo il gap culturale tra paradigma analogico e digitale». Sono questi alcuni dei propositi contenuti nella dichiarazione finale del primo incontro internazionale della comunicazione per la vita religiosa, un’iniziativa promossa dalla Uisg (Unione internazionale superiore generali), che ha visto ieri la sua conclusione – a Roma, presso la sede Uisg di Piazza di Ponte Sant’Angelo – dopo una settimana di appuntamenti in presenza e online incentrati sulla triade formazione, networking, cambiamento. Tra gli interventi, quelli di suor Rose Pacatte, critica cinematrografica e volto mediatico delle Figlie di San Paolo negli Usa, della spagnola suor Mercedes Méndez Siliuto, responsabile delle comunicazione delle Religiose dell’Assunzione, della portoghese Paula Jordão, della Fraternità missionaria Verbum Dei, e di suor Pina Ricceri, responsabile nazionale della pastorale giovanile e vocazionale sempre delle Figlie di San Paolo.
Nella sessione dei lavori di ieri è stato presentato anche un report dal titolo “Sisters communicate, sulla comunicazione nella vita religiosa”, ovvero i risultati di un sondaggio condotto fra le congregazioni afferenti alla Uisg per avere il polso della relazione oggi tra religiose e comunicazione, in particolare digitale. «Le risposte ricevute sono state 300 su 1.500 congregazioni contattate», si legge nell’introduzione del rapporto, che ha evidenziato alcune caratteristiche del mondo religioso femminile che ha inevitabilmente ricadute anche sul versante comunicativo. Per esempio il fatto che il 43,4% degli Istituti che ha risposto al questionario non ha più di 200 membri, dimensioni che condizionano l’impegno su fronti che non siano quelli strettamente pastorali. D’altra parte è stato rilevato che dal 2016, anno in cui la Uisg ha iniziato a proporre corsi di formazione base per la comunicazione nella vita religiosa, a oggi c’è stato un aumento significativo del numero di realtà che hanno avviato un ufficio di comunicazione. Di pari passo è aumentato l’investimento nella formazione di religiose “giornaliste e comunicatrici’”, capaci cioè di gestire la complessità della comunicazione del proprio istituto o anche di realtà esterne a esso.
Molti comunque i punti critici rilevati, tra cui «una rilevante differenza di età, cioè un gap generazionale, tra chi prende le decisioni e chi le esegue» e «una formazione non digitale di chi, oggi, ha il compito di animare e condurre la congregazione». «Possiamo dire – si legge nel comunicato diffuso ieri – che oggi le religiose sono più visibili nell’arena pubblica della stampa cattolica (c’è ancora molto lavoro da fare per quella laica), e sono sempre più numerose le suore che scrivono in prima persona, passando da essere “oggetti” dell’informazione, a protagoniste della propria parola e immagine pubblica».
La Uisg è un’organizzazione fondata canonicamente nel 1965, su ispirazione del Concilio Vaticano II, al fine di promuovere una più profonda collaborazione tra le congregazioni femminili. Attualmente, i membri della Uisg sono 1903 superiore, in rappresentanza di altrettante congregazioni. I loro generalati si trovano in Africa (166), Asia (184), Europa (1046), Americhe (479) e Oceania (28).