La storia. La causa accidentata di Frassati, santo nonostante le fake news
undefined
Il decreto sul secondo miracolo riconosciuto per intercessione di Pier Giorgio Frassati non è l’ultimo atto prima della canonizzazione: manca il Concistoro ordinario, nel quale dovrebbe essere ufficializzata la data già in calendario, ovvero il 3 agosto 2025, al termine del Giubileo dei Giovani. Solo dopo che il Papa avrà pronunciato la formula della canonizzazione sarà veramente conclusa una causa che si era protratta per anni, anche a causa di alcune notizie false arrivate fino alla Sacra Congregazione dei Riti, al tempo competente circa le beatificazioni e le canonizzazioni.
La prima bufala frassatiana era emersa già prima dell’introduzione della causa: una fonte anonima aveva scritto su un foglio di aver sentito dire da una signora che un’amica di quest’ultima aveva avuto «relazioni di amoreggiamento o di non piena correttezza col giovane Pier Giorgio». Contrariamente a quanto indicato sul foglio, intitolato “Informazione riservatissima”, il promotore generale della fede, monsignor Salvatore Natucci, ne divulgò il contenuto, ottenendo quindi che circa l’introduzione della causa i voti non fossero unanimi e non si raggiungesse nemmeno la maggioranza dei due terzi.
Il 12 dicembre 1941 il cardinale Carlo Salotti riferì l’esito della congregazione ordinaria a papa Pio XII, il quale non ordinò che la causa venisse interrotta (il “reponatur”), ma differita finché non fossero portate prove più nette a favore o contro la correttezza morale di Pier Giorgio (il “dilata ad mentem”).
Nei processicoli tenuti a Torino e a Roma a partire dall’aprile 1942 furono interrogati testimoni che garantirono di non aver mai assistito ad amoreggiamenti da parte del giovane, il quale, del resto, non aveva nemmeno mai rivelato di essere innamorato di Laura Hidalgo, la segretaria della Compagnia dei Tipi Loschi; quest’ultima non se n’era nemmeno accorta. Sempre a proposito di Laura, un’altra fonte anonima aveva assicurato che, nelle gite miste, lui l’avesse portata a cavalcioni: nella sua deposizione, invece, lei aveva garantito che l’unico aiuto ricevuto dal giovane era quello che un capocordata dà a chi affronta le scalate con lui.
Un altro dubbio circa la sua rettitudine, per non dire purezza, venne fugata quando fu chiara la verità circa una gita al Parco del Valentino, da alcuni definita “scappatella”, con partecipanti Pier Giorgio, quattro amici maschi e due ragazze. Un errore del primo biografo, don Antonio Cojazzi, riconduceva quell’uscita ai sedici anni del futuro santo, quando invece si svolse verso la fine di marzo 1915, prima che lui ne compisse quattordici. In ogni caso, non entrò minimamente in contatto con le ragazze, perché si trovava in una carrozza diversa.
Quelle prove a favore, tuttavia, furono nascoste, quindi finirono in archivio. Di conseguenza, il 10 maggio 1975, uno degli “amici spirituali” di Pier Giorgio, il venerabile Giuseppe Lazzati, scrisse a san Paolo VI (il quale era stato tempo addietro in corrispondenza con Alfredo Frassati, suo padre) per sollecitare la conclusione della fase romana. Già da alcuni anni, in effetti, papa Montini aveva ordinato uno studio esauriente della causa, ma non si era pervenuto a nessun risultato.
La terza è una notizia che continua a circolare anche sul web, tant’è che uno dei primi risultati su di lui, nel più comune motore di ricerca, è “Pier Giorgio Frassati sepolto vivo”. La diceria sosteneva che, durante un’ispezione della salma, il defunto fosse stato trovato con le mani nei capelli, essendosi risvegliato nella tomba ancora vivo: per questa ragione, quindi, la causa si sarebbe fermata.
Luciana Frassati Gawronska, custode della memoria del fratello minore (a lei si dovette anche la raccolta di altre testimonianze a favore del suo corretto rapporto con le ragazze), constatò al contrario che la tomba, nel cimitero di Pollone, in provincia di Biella, non era mai stata aperta dopo la sepoltura. Di fatto, la prima ricognizione canonica avvenne il 31 marzo 1981: i resti apparvero ben conservati e vennero, dopo la beatificazione, traslati nel Duomo di Torino. Una seconda ricognizione avvenne nel marzo 2008, per permettere la temporanea traslazione in occasione della Gmg di Sydney.
Tra i detrattori della santità di Pier Giorgio molti sostengono che la sua causa sia arrivata a questo punto perché spinta dalle ricchezze della sua famiglia. Un’obiezione che, col tempo, è stata attribuita ad altri laici candidati agli altari, come Gianna Beretta Molla o Carlo Acutis, per non parlare di quelli che sono appartenuti a casate nobiliari. Le risorse economiche dei Frassati hanno avuto il loro peso, ma attribuire esclusivamente a esse l’avanzamento verso la canonizzazione è ingiusto e ingeneroso; vale anche per i casi citati prima.
Infine, più che una bufala, una curiosità. L’immagine scelta per l’arazzo della beatificazione ritraeva Pier Giorgio in montagna, ma era stata colorizzata e ritoccata: nell’originale in bianco e nero aveva la pipa in bocca e lo sfondo era diverso, seppur in montagna. Oggi, invece, lo scatto con la pipa è stato ampiamente sdoganato, dato che è stato scelto per la copertina di molti libri su di lui. Chissà se, il prossimo 3 agosto, non comparirà con un altro ritocco: l’aureola che si riserva ai santi.