La storia. L'ospedale in Uganda nato dalla fratellanza con l'Italia
L'ospedale "Bishop Caesar Asili memorial hospital" di Luweero
Non solo solidarietà fra "lontani", ma una relazione fraterna che si consolida nel tempo. Producendo sviluppo sociale in Africa e una migliore coscienza dei problemi qui da noi. Un filo di fratellanza che ormai lega saldamente un piccolo comune, come quello di Bresso, alle porte di Milano, con un vasto distretto dell’Uganda, in cui le attività del locale ospedale sono finanziate in parte proprio dalla generosità della comunità bressese.
Tutto comincia oltre 30 anni fa, quando un giovane medico di Bresso, Maurizio Destro, in Uganda per il servizio civile con il Cuamm incontra un’altrettanto giovane suora ugandese, Ernestina Akulu, della congregazione “Saint Mary mother of the church”. Seguendo l’idea che l’”Africa si sviluppa con gli africani”, suor Ernestina viene invitata in Italia per studiare fisioterapia, ospitata da diverse famiglie. In quegli anni nasce spontanea una bella amicizia: i ragazzi dell’oratorio accompagnano suor Ernestina negli studi, mentre lei ricambia con l’impegno nella Parrocchia San Carlo. Poi, al momento del ritorno in Uganda di suor Ernestina, gli stessi giovani contribuiscono a finanziare la nascita di un dispensario-ambulatorio nel distretto di Luweero. È il primo nucleo di quello che diventerà, grazie anche a molte altre donazioni di fondazioni statunitensi ed europee, il “Bishop Caesar Asili Memorial Hospital”. Un punto di riferimento importante per i circa 800mila abitanti dei distretti di Luweero, Nakaseke e Nakasongola, a Nord della capitale Kampala, in cui lo scorso anno ci sono stati 3.600 ricoveri, 37mila visite ambulatoriali, 1.236 parti e sono state effettuate 7mila vaccinazioni. Tutto questo grazie al lavoro di cinque suore, un centinaio di addetti, quattro medici a tempo pieno e due per alcuni giorni la settimana.
«Il governo copre circa lo 0,1% delle spese, perciò l’aiuto dall’Italia è fondamentale – racconta suor Ernestina, in questi giorni in visita a Bresso – perché ci ha permesso prima di far crescere l’offerta di cure dell’ospedale e poi di assumere a tempo pieno il dottor Charles Lwanga». Da 10 anni a questa parte, infatti, l’associazione Dona un sorriso, nata sempre a Bresso, assicura i 9mila euro necessari a pagare lo stipendio del medico e altri fondi. All’ospedale l’assistenza è assicurata a tutti: i malati pagano un contributo a seconda delle loro possibilità e, da qualche anno a questa parte si stanno sviluppando forme di mutualità privata che coprono una parte delle spese sanitarie sostenute da chi deve curarsi. «E questo – continua suor Ernestina – abitua la persone a essere maggiormente responsabili anche nei confronti della propria salute e ad evitare che, in caso di malattia, le famiglie siano costrette a vendere tutti i loro beni. Da parte nostra, con nuovi fondi vorremmo ampliare la sala di pronto soccorso e il reparto neonatale».
Oltre a malattie endemiche come la malaria e la diarrea, particolarmente diffusa è la positività all’Hiv, il virus dell’Aids. Il personale dell’ospedale si prende cura di 3.900 sieropositivi, di cui 360 bambini, e si occupa anche della prevenzione nei villaggi, distribuendo medicinali e svolgendo un’opera educativa. Correlato in parte al dramma dell’Aids c’è quello dei bambini orfani dei genitori o abbandonati. Nel vicino orfanotrofio di Lira, oggi sono ospitati 39 tra bambini e ragazzi. “Purtroppo sulle persone con Hiv permane uno stigma che è difficile combattere - racconta ancora suor Akulu -. Molti per vergogna non si sottopongono ai controlli o non assumono i medicinali, compromettendo la loro salute”. Quando non è possibile l’adozione presso parenti, le suore della congregazione cercano di assicurare ai minori un’istruzione professionale.
«In questi anni sono state decine le persone, adulti e ragazzi, di Bresso che sono stati a Luweero a prestare aiuto o anche solo a visitare l'ospedale», racconta Gabriella Cittadini, e il rapporto con la parrocchia San Carlo di Bresso è sempre stato costante e particolarmente intenso, profondo». A riprova di un legame vero, capace di superare distanze e differenze. Assistenza sanitaria, educazione, accoglienza dei minori: il filo di solidarietà che si dipana dall’Italia all’Uganda continua a tessere fratellanza.