Intervento. Il teologo Sanna: «Nelle benedizioni un segno della tenerezza di Cristo»
Ignazio Sanna
Secondo i dati dei sociologi della religione, condivisi anche da papa Francesco nel discorso alla Curia Romana del 21 dicembre 2021, noi viviamo in una società post-cristiana. In questa società scristianizzata prevale la concezione pluralistica della realtà, il diffuso relativismo morale, il nichilismo teorico e pratico. L’insieme di questi fenomeni contribuisce a elaborare un’antropologia non riflessa, che determina l’inconscio collettivo e orienta le scelte esistenziali dei singoli.
Per i seguaci di questa antropologia non contano i diritti dell’uomo ma l’uomo dei diritti, e il diritto più rivendicato è quello al piacere, inteso come la fonte e la base della felicità. Il piacere, nella produzione della felicità, ha sostituito la virtù. Ogni piacere possibile ed esperibile è legittimo, per il semplice fatto che può essere sperimentato, e non perché sia moralmente buono.
Ora, la Chiesa che vive in questa società scristianizzata non può girare la faccia dall’altra parte e abbandonarla al suo rifiuto dell’annuncio del Vangelo e della morale cristiana. Ma non può, neppure, continuare a rivolgere il suo annuncio a una cristianità che non esiste più. Deve rivolgersi all’uomo scristianizzato di oggi.
L’Apostolo Paolo avvertiva il discepolo Timoteo con le parole: «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina» (2Tm 4, 1-2). Questo avvertimento vale ancora oggi e richiede il coraggio di annunciare con parole nuove il Vangelo delle Beatitudini.
Nella sua ultima intervista, l’8 agosto del 2012, Carlo Maria Martini, alla domanda su chi può oggi aiutare la Chiesa a rinnovarsi, rispose: «Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala?». E alla domanda su quali strumenti egli consigliasse contro la stanchezza della Chiesa, rispose: «La Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un’autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale».
Riconosciuta la necessità di questa protezione speciale, si pone il problema su come sia possibile avvicinare a Dio coloro che vivono in situazioni irregolari, seguendo l’esempio di Gesù, che «non aspetta che i peccatori cambino vita per poterli accogliere; ma li accoglie, e questo porta i peccatori a cambiare vita. Gesù disapprova il peccato infinitamente di più di quanto possano fare i più rigidi moralisti, ma ha proposto nel Vangelo un rimedio nuovo: non l’allontanamento, ma l’accoglienza. Il cambiamento di vita non è la condizione per accostarsi a Gesù nei Vangeli; deve però essere il risultato (o almeno il proposito) dopo essersi accostati a lui. La misericordia di Dio, infatti, è senza condizioni, ma non è senza conseguenze!» (Raniero Cantalamessa).
La vera ragione del comportamento di Gesù la si potrebbe riscontrare nell’Evangelii gaudium di papa Francesco, laddove il Pontefice scrive che «in qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio, che ha voluto chiamarci a collaborare con Lui e stimolarci con la forza del suo Spirito... In tutta la vita della Chiesa si deve sempre manifestare che l’iniziativa è di Dio, che “è lui che ha amato noi” per primo (1Gv 4,10) e che “è Dio solo che fa crescere” (1Cor 3,7)».
Nel caso specifico della Dichiarazione Fiducia supplicans, possiamo dire che essa, in qualche modo, abbia voluto rispondere alla domanda di tanti “etiopi”, che chiedono l’aiuto del discernimento della Parola di Dio (At 8, 31). Per il prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, questa Parola di Dio si può tradurre con la parola: “benedizione”. Questa «è sempre l’occasione di annunciare Cristo, la sua infinita tenerezza». La Dichiarazione, egli precisa, «non cambia la dottrina del matrimonio; non legittima l’omosessualità. Invece, pensa a molti credenti che soffrono a sentirsi fuori della Chiesa, a non poter ricevere alcun gesto di vicinanza paterna».
Lo stile della vicinanza segue l’esempio di Gesù che, secondo Raniero Cantalamessa, «non aspetta che la Samaritana metta in ordine la sua vita privata, prima di intrattenersi con lei e chiederle addirittura di dargli da bere. Ma così facendo ha cambiato il cuore di quella donna che diventa una evangelizzatrice tra la sua gente. La stessa cosa avviene con Zaccheo, con Matteo il pubblicano, e con la peccatrice anonima che gli bacia i piedi in casa di Simone e con l’adultera».
arcivescovo emerito di Oristano, già pro-rettore della Pontificia Università Lateranense e presidente della Pontificia Accademia di Teologia