Chiesa

L'appello. «Più rispetto per le decine di monaci che qui pregano e studiano»

sabato 20 febbraio 2021

Caro direttore,
siamo alcuni amici che frequentano i corsi biblici di Bose da molti anni, legati da forte amicizia a fratel Enzo Bianchi, geniale e generoso ideatore e realizzatore di quella comunità monastica ecumenica, nello spirito del Concilio Vaticano II.

La notizia della decisione del suo allontanamento dalla comunità, assieme a quello di fratel Goffredo, fratel Lino e suor Antonella, a seguito della visita dei tre visitatori apostolici nominati dalla Santa Sede, ci ha profondamente colpito e addolorato. Il nostro silenzio in tutti questi mesi ci è costato moltissimo, ma ci è parso l’unica reazione possibile, considerato il sigillo al provvedimento dello stesso Santo Padre e, soprattutto, l’assoluta mancanza di conoscenza degli atti che l’hanno originato. Di più, è stata una scelta per evitare di alimentare una competizione di tifoserie che sin dal primo momento ha cominciato a delinearsi. Abbiamo assistito muti e oranti a un crescendo di polemiche giornalistiche spesso costruite – a nostro avviso – su elementi volutamente imprecisi e non veritieri, oltreché sovente offensivi del priore Luciano Manicardi e di persone che non lo meritavano.

Nelle ultime settimane in particolare abbiamo letto articoli, anche di intellettuali famosi, scopertamente finalizzati a denigrare la intera comunità monastica, «incolpevole"»delle responsabilità che si intendevano denunciare. Questo capovolgimento della realtà (addebitare la responsabilità dei provvedimenti al nuovo priore perché bersaglio più facile…) ci è parso veramente grave, e non giustificato dalla constatazione che a farlo fossero personalità alcune poco informate, altre mai state a Bose e, quindi, non interessate a conoscere la realtà e le dinamiche interne a una comunità.

È stato scritto che «Bose è morta». Non è vero. Noi ne siamo testimoni. Ci sono decine e decine di monache e monaci che nel silenzio e nella sofferenza tutti i giorni pregano, studiano, lavorano e continuano a ringraziare il Signore anche del dolore inspiegabilmente e oggettivamente inflitto anche a loro. In questa tristissima vicenda non ci sono, infatti, solo i due maggiori protagonisti, il fondatore e il priore, ma ci sono loro, donne e uomini con un volto e un nome, di grande statura morale e intellettuale, incolpevoli vittime – come detto – di una polemica che li investe direttamente. Per questo, e solo per questo, abbiamo deciso di rompere un silenzio che abbiamo difeso sino all’ultimo. Per difendere Bose, tutta intera, una comunità monastica che, per grazia di Dio e per la perdurante fedeltà al Signore e alla Regola ha riunito queste donne e questi uomini. Perché Bose continui a vivere e crescere nello spirito profetico che l’ha originata.

Giuliana Candiani Liberti, Pierluigi Castagnetti, Rosy e Sergio Cavasassi, Paolo Lomellini, Giuseppe Pagani, Lidia Piccaglia, Gianna e Paolo Santachiara, Gianna Silocchi, Enzo Sportelli, Mariola e Attilio Vecchi