Il caso. L’appello alle monache di Pienza: «Tornate nella comunione con la diocesi».
La foto scelta dalla comunità monastica come immagine della sua pagina Facebook
«Passato un po’ di tempo, invece di fare un esame di coscienza sul vostro modo di vivere la vita monastica, i vostri animi sono ancora pieni di risentimento e di avversione verso la Chiesa, e la diocesi che vi ha accolto». Con un post su Facebook l’ex parroco di Pienza don Silvano Nardi si rivolge alle monache benedettine di Pienza, che nel loro monastero di Maria Tempio dello Spirito Santo da mesi sono arroccate su una posizione polemica nei confronti della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, del suo vescovo, il cardinale Augusto Paolo Lojudice (che è anche arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino) e della stessa Santa Sede per il rifiuto di dare esecuzione alle disposizioni del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata dopo una visita apostolica, con la decisione tra l'altro di sostituire la superiora.
«Non voglio entrare in avvenimenti che non ho elementi per giudicare (la Congregazione dei religiosi e l’Ordine Benedettino da cui dipendono la vita di comunità dei monasteri e le vostre regole non sono direttamente legati alla diocesi, e hanno i loro metri di giudizio basati sul Vangelo e sulle regole che san Benedetto con tanto zelo ha scritto) ma vorrei soffermarmi su quanto riguarda il sottoscritto, i miei confratelli, la mia comunità diocesana che trattate con tanto disprezzo». Il sacerdote ricostruisce che «nel 2017 la diocesi vi ha accolto con generosità e ha messo a disposizione l’”ambitissimo ex-Seminario affacciato sulla Val d’Orcia” (come voi lo chiamate), uno dei pochi luoghi che aveva a disposizione per le attività pastorali, quando nessuno in Italia voleva accogliervi: dove era in quel periodo monsignor Viganò che cerca di squalificare la Chiesa locale che vi ha accolto? La diocesi ha pagato per voi le utenze fin dal giorno in cui siete arrivate e vi ha dimostrato sempre vicinanze e affetto, servendovi in tutte le vostre necessità. Necessitando di un documento circa la vostra permanenza in quello stabile – continua la lettera – la diocesi vi ha sottoposto (nei primi mesi del 2020), un comodato gratuito per nove anni rinnovabili, e voi l’avete rifiutato. Avete accolto il nostro vescovo-cardinale con ostilità, quando si è presentato per conoscervi. Perché? È il pastore che la Chiesa ci ha donato e deve essere accolto come il successore degli apostoli. Se non vi sentite parte della nostra Chiesa locale, come potete, in coscienza, continuare a usufruire dei benefici che essa vi elargisce: locale gratis; bollette luce, gas, acqua pagate; tasse pagate...?».
Non basta, perché don Nardi conosce molto bene lo spinoso caso: «Quando siete arrivate ero parroco a Pienza e vi ho accolto come membra vive della comunità parrocchiale, eliminando anche la Messa feriale mattutina in parrocchia per celebrarla all’interno del monastero (in modo che anche i parrocchiani che frequentavano la Messa potessero conoscervi e fare quell’amicizia umana che è inizio della comunione ecclesiale). Chiamato dall’obbedienza a servire una porzione del popolo di Dio in un'altra parrocchia, ho continuato a venire a Pienza una o due volte a settimana per celebrare l’Eucarestia, percorrendo oltre 50 km ogni volta, senza mai chiedere nulla; ho applicato la Santa Messa per le vostre intenzioni».
Poi la pandemia, che «ha cambiato sicuramente qualcosa nel vostro comportamento. Dopo il periodo di chiusura, ho nuovamente iniziato a venire a celebrare l’Eucarestia; a un certo punto mi avete chiesto di non venire. Il vescovo mi chiama e mi invita ad andare nuovamente a celebrare l’Eucarestia nel monastero ed io vado». Qui emerge il nodo della questione: «Arriviamo al periodo delle vaccinazioni; un giorno, dopo la Messa, la madre badessa mi informa che le monache del monastero non faranno mai nessuna vaccinazione; io le comunico che per rispetto di loro e delle persone fragili che il ministero pastorale parrocchiale mi fa avvicinare (ho portato il sacramento degli infermi anche ai malati di Coronavirus), farò presente al vescovo che finché dura la pandemia non potrò più andare a celebrare nel monastero di Pienza».
La ricostruzione del sacerdote diocesano è meticolosa, segno che al punto cui è arrivata la questione occorre rendere evidente e accessibile a tutti l’intero andamento della vicenda: «Siamo a novembre 2022 – si legge ancora nella lettera aperta –, il nostro vescovo si reca in monastero e rimane colpito dalla freddezza con cui è accolto. Le monache le fanno presente le difficoltà nel reperire un sacerdote per la celebrazione eucaristica. Il vicario generale della diocesi contatta alcuni sacerdoti e inizia subito un servizio giornaliero di celebrazione. Tutto sereno almeno in apparenza, fino al 13 febbraio 2023, quando la monaca sacrestana mi comunica di non andare il giorno seguente a celebrare l’Eucarestia perché c’era stato un contrattempo. Nell’incontro del clero del 24 febbraio vengono comunicate le decisioni della Congregazione dei religiosi. Lunedì 20 febbraio, dopo essermi consultato con il vescovo, ho chiamato ripetutamente il monastero ai vari numeri di telefono in mio possesso per sapere se il giorno dopo, come consuetudine, dovevo andare a celebrare. Nessun numero mi ha risposto. Ho provato anche nei giorni successivi, fin quando mi arriva questo messaggio da parte di madre Diletta: “Smettila di fare lo stalker con noi, comportati da sacerdote esaminando la tua coscienza e parlane con Cristo lasciando stare noi”. Termina qui il mio rapporto con il monastero. Anche agli altri sacerdoti della diocesi che si erano presi l’impegno di andare a celebrare l’Eucarestia il monastero ha chiesto di non andare più».
La lettera di don Silvano Nardi si fa infine accorato appello: «Come potete oggi dire che vi abbiamo abbandonato? Vivete nella comunità dove vescovo è il cardinale Augusto Paolo Lojudice, che cerca di far crescere la comunione nella comunità cristiana, e non chi cerca solo di dividere i fedeli».