Chiesa

La storia. Daniélou, il cardinale teologo morto in periferia tra i "fratelli perduti"

Marcelo Bravo Pereira martedì 28 maggio 2024

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Un convegno e un webinar per celebrare il grande patrologo gesuita Jean Daniélou (1905-1974). È quanto accadrà domani dalle 17 alle 18.15 all’Ateneo pontificio Regina Apostolorum a Roma (Via degli Aldobrandeschi, 190). In tale occasione sarà presentato il libro del legionario di Cristo, padre Marcelo Bravo Pereira «Tra l’eternità e il tempo: l’ufficio del teologo nella vita e nella proposta metodologica di Jean Daniélou» (Edizioni Efesto). Verrà inoltre presentato il progetto di Bibliografia completa di Jean Daniélou. Oltre a Marcelo Bravo Pereira saranno presenti Jean-Robert Armogathe, co-fondatore e attuale editore della rivista Communio, di Alfredo Catalfo, direttore di «Edizioni Efesto». Modererà l’incontro il vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale. Pubblichiamo un contributo di Bravo Pereira sulla figura del cardinale gesuita.

Cinquanta anni fa, il 20 maggio 1974, Jean Daniélou lasciava questo mondo in circostanze paradossali, cancellando in un colpo la sua eccezionale eredità teologica e pastorale. Nonostante la sua preziosa produzione scientifica e divulgativa, nonché la sua partecipazione ad importanti progetti culturali, come la rivista Esprit, di Emanuel Mounier, e soprattutto il suo impegno durante e dopo il Concilio Vaticano II, la sua memoria è stata costantemente offuscata dalla sua tragica fine, avvenuta al numero 56 di Rue Dulong, a Parigi.

La morte di Daniélou fu descritta dal suo confratello gesuita Xavier Tilliette come «bernanosienne». Un suo amico, Piere de Boisdeffre, diplomatico e letterato francese, riconobbe che il cardinale fu «tradito» dalla sua stessa morte. Il suo desiderio, infatti, era che ogni uomo avesse la morte che si meritava. Forse Daniélou non meritava di un trapasso apparentemente così poco «evangelico», a casa di Madame Santoni, fille de joie di Montmartre, presso la quale si era recato a prestare aiuto.

A distanza di cinquant’anni, le circostanze della sua morte non dovrebbero più suscitare scalpore e si dovrebbe invece fare risaltare la sua eredità teologica e pastorale, i suoi principi per il dialogo tra fede e cultura e il metodo con cui avvicinarsi ai «mirabilia Dei», le azioni mirabili di Dio nella storia. Il suo stesso dinamismo apostolico e la sua spinta verso le periferie esistenziali di allora – hippies, maoisti, omossessuali e prostitute – restano nella memoria di coloro che lo hanno conosciuto come un esempio di carità, fino all’imprudence… Infatti, «imprudente» era uno degli appellativi che gli amici usavano nei confronti del porporato. «A Jean Daniélou dissi un volta – testimonia Maurice Druon – “Senti, Jean, hai commesso un imprudenza nel sacerdozio”. Egli rispose: “non è tra i santi che si fanno le conversioni”».

Nato il 14 maggio 1905 a Neully-Sur-Seine, nei pressi di Parigi, Jean è stato il primogenito di Charles e Madeleine Daniélou. Dopo essersi laureato con lode in grammatica presso la Sorbona nel 1927, entrò nel noviziato dei gesuiti a Laval il 20 novembre 1929. Studiò teologia presso lo Scolasticato di Lyon-Fouvière dal 1936 al 1939, all’ombra di Henri de Lubac, e accanto a Hans Urs von Balthasar, suo amico e ancora confratello gesuita, con il quale passava le ricreazioni a leggere e commentare i testi patristici. È stato ordinato sacerdote il 24 agosto 1938.

Nel 1941, Daniélou si trasferì a Parigi come redattore della rivista «Études», fu cappellano presso l’École Normale Supérieur de Sèvres e ottenne, nel 1943, la cattedra di storia delle origini cristiane presso l’Istituto Cattolico di Parigi. Nel 1961 divenne Decano della facoltà di teologia dello stesso Istituto.

Papa Giovanni XXIII lo nominò perito presso il Concilio Vaticano II nel 1962, mentre nel 1969 il papa Paolo VI lo creò cardinale. Quando chiese a Paolo VI il perché di questa decisione, il Papa gli rispose – è Daniélou che lo ricorda – «que cela ne me regardais pas». Secondo Jean Guitton, due erano le qualità che in lui erano perfettamente congiunte e che motivarono la scelta papale: la competenza erudita e lo zelo ardente per l’apostolato.

Daniélou è stato consacrato vescovo nella Chiesa del Carmine dell’Institut Catholique di Parigi. Il giorno della sua consacrazione caddero dalle finestre dei pamphlet ostili. «Vescovo, dove è il tuo popolo». Nelle sue memorie, pubblicate postume, egli ci racconta la risposta che avrebbe dato alle provocazioni: «Avrei potuto rispondere che avevo un grande popolo: il popolo dei giovani». Infatti, non avendo responsabilità curiali, poté dedicarsi pienamente alla pastorale universitaria e tra gli intellettuali. Nel 1972 sarà eletto all’Académie Française in sostituzione del cardinale Eugène Tisserant.

La sua vasta produzione letteraria, recentemente raccolta e catalogata in un volume bibliografico presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma - L’opera di una vita, APRA, Roma 2024 - comprende circa ottanta libri, alcuni dei quali tradotti in varie lingue, e più di 1500 articoli. Il suo primo scritto risale al 1933, quando Daniélou non era ancora sacerdote, mentre Le signe du temple ou de la presence de Dieu, del 1942, pubblicato quando era a Lyon-Fourvière, è stato considerato da Henri de Lubac come il suo miglior testo e la sintesi di tutto il suo pensiero.

In questo lavoro, il giovane teologo gesuita presenta la sua visione della storia come «akolouthia», una progressione ordinata del tempo attraverso la quale Dio guida il suo popolo verso un futuro che trova compimento in Cristo e nel mistero pasquale, continuando poi nell’epoca della Chiesa. Il tempio è appunto il segno di questa presenza, preparato nel tempio cosmico, arrivato a pienezza nell’umanità del Redentore e che continua nella Chiesa, vero tempio della presenza sacramentale di Cristo risorto.

Papa Benedetto XVI, che conobbe Daniélou durante il Concilio Vaticano II, scrisse nel 2006: «Come non ricordare la figura di questo teologo della Compagnia di Gesù [...] La sua attenzione alla verità e il suo dinamismo missionario invitano i nostri contemporanei ad annunciare il Vangelo nel mondo della cultura e della scienza, mettendo in campo tutte le risorse della ragione e dell’intelligenza, rimanendo fissi su Cristo, che è la via, la verità e la vita».

«Come non dimenticarlo?». Nonostante l’enorme contributo di Jean Daniélou alla teologia e alla Chiesa, sembra che a cinquant’anni dalla sua morte ci sia ancora una volontà diffusa di dimenticarlo. L’ombra di Rue Dulong, 56, e la campagna diffamatoria che seguì alla sua morte, rischiano di pesare – ingiustamente! – come una pietra tombale sulla sua memoria.

Direttore dell’istituto superiore di Scienze Religiose dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum