«In tante nostre comunità non si è ancora presa coscienza che i giovani sono una priorità. Abbiamo fatto grandi progressi, soprattutto grazie alle Gmg. Ma c’è ancora molta strada da fare, siamo qui per vedere il prossimo tratto». Al Pontificio Consiglio per i laici padre Eric Jacquinet, giovane sacerdote francese della Comunità dell’Emmanuel, si occupa delle Giornate mondiali come responsabile per la parte vaticana. E frequentandole da sempre ne conosce storia, linguaggi e potenzialità. Passeggiare con lui per le strade di Rio, tra il viavai dei pellegrini, consente di fare il punto su un’esperienza che cresce seguendo una rotta in divenire.
Siamo alla puntata numero 28: dove stanno andando le Gmg?«Sono curioso anch’io di vederlo… Ogni Giornata ha portato una propria ricchezza e una chiave di comprensione del lavoro pastorale della Chiesa con i giovani. Difficile ancora identificare il segno distintivo di Rio, ma certamente il punto al quale siamo arrivati è la missione».
Cos’ha imparato sinora la Chiesa da questi eventi sempre più grandi?«Anzitutto va detto che le Gmg servono alla Chiesa a comprendere meglio quale dev’essere il suo approccio nei confronti dei giovani. Vedendoli radunati in così gran numero da ogni parte del mondo per seguire Cristo, la Chiesa capisce con più chiarezza cosa si attendono da lei, cosa le chiedono. A Rio tocchiamo con mano il fatto che lo Spirito Santo sta facendo sorgere una nuova generazione di giovani veramente impegnati nella fede.
Ma i giovani che credono davvero non sono che una minoranza, anche se alla Gmg colpisce il loro grande numero…Sì, ma proprio per questo non vanno lasciati soli. La Chiesa deve sempre sentirsi responsabile di annunciare, così facendo coinvolgerà anche i giovani. Ma dobbiamo essere attenti a ciò che emerge tra loro.
Quale può essere il contributo specifico alla Gmg 2013 dello spirito che si respira a Rio de Janeiro e in Brasile?È un Paese con una straordinaria vitalità, ogni celebrazione è una festa: qui la fede si è fatta cultura, la religione è entrata nella carne della gente. Sugli autobus è normale vedere esposta l’immagine di Cristo, quando in molti Paesi europei, e soprattutto nella mia Francia, questo è ormai impensabile. In Europa stiamo gettando via i valori e le origini religiose che qui invece fanno parte della vita. I giovani che vengono qui dall’Europa si rinfrancano nel vedere che la fede può far parte con naturalezza della vita. Il Brasile ci comunica questo semplice dinamismo spirituale, estremamente formativo.
I giovani brasiliani cosa insegnano ai nostri ragazzi?Vedo che molti sono impressionati dall’accoglienza che hanno trovato, un’attitudine che mi sembra unisca Marta e Maria, l’ospitalità per il visitatore e lo spirito religioso. I giovani brasiliani esprimono bene questo spirito, sono aperti ed espansivi, e questa è una loro ricchezza. Quelle che i nostri giovani forse non vedono sono le grandi ferite della gioventù brasiliana, che la rende così vicina alla nostra: penso soprattutto alla droga.
Non è raro sentir dire nelle nostre parrocchie che le Giornate mondiali sono solo belle parentesi, che la vita vera è un’altra cosa. Cosa risponde a questa obiezione?Le Gmg sono un tesoro per la Chiesa. I discepoli di Emmaus hanno camminato a lungo senza riconoscere Cristo accanto a loro, poi un evento gli ha fatto aprire gli occhi permettendogli di riconoscerlo. Allora sono tornati a casa annunciando. Occorre un evento di grazia per far vedere ciò che era nascosto. Se è un vero incontro con Cristo si produce una conversione, e ci troviamo ragazzi trasformati da una grande esperienza umana e cristiana anche dopo aver dimenticato a lungo la loro fede. Chi torna a casa da una Gmg non va lasciato solo ma aiutato a far memoria di ciò che ha visto e ascoltato. Allora la sua quotidianità verrà trasformata. Oggi possiamo dire che le Gmg hanno davvero contribuito a formare giovani generazioni di sacerdoti, religiosi, sposi, in tutto il mondo. Sono un risveglio permanente alla fede.