Cei. Bassetti: "Grati al Papa, guida sicura". "Abbiamo bisogno di riconciliazione"
La Chiesa che è in Italia – la nostra Chiesa, le nostre Chiese – non è mai stata e mai sarà in contrapposizione a Pietro, al Suo Magistero, alla Sua Parola. Per questo, oggi, come è sempre avvenuto nella nostra storia, ci sentiamo chiamati a vivere la sinodalità, a disegnare un ‘cammino sinodale’”. Lo ha ribadito con fermezza il cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Cittè della Pieve, nell’ampia introduzione alla 74ma Assemblea generale dei vescovi italiani che si è aperta ieri con l’intervento e il colloquio dei presuli della Penisola con papa Francesco.
Il porporato ha iniziato il suo discorso con una approfondita riflessione sulla storia del cammino di fede della Chiesa che è in Italia, “che parla della fedeltà al Magistero del Papa e si sviluppa, in particolare, dopo il Concilio Vaticano II, con alcune tappe significative, che non vanno dimenticate”.
Il cardinale Bassetti ha espresso particolare gratitudine al Papa “per il sostegno alle nostre Chiese e per la guida sicura, per la sollecitazione a essere Chiesa sinodale nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II”, secondo “quell’ermeneutica della continuità e della riforma illustrata da Benedetto XVI”. E per l’enfasi posta sul “santo popolo fedele di Dio”. Tenendo sempre presente che il “senso di fede” del “popolo di Dio” non si esprime “con semplici meccanismi democratici, perché non sempre l’opinione della maggioranza è conforme al Vangelo e alla Tradizione”. Ma piuttosto si alimenta “con l’umile accoglienza della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, la fraternità e la preghiera, ossia le quattro ‘assiduità’ della prima comunità cristiana”.
Il presidente della Cei ha quindi ripercorso la storia della Cei, che affonda le sue radici nel Concilio, e dei suoi Convegni ecclesiali. Fino a quello di Firenze del 2015 che “con i cinque verbi tratti da Evangelii Gaudium – uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare – traccia la rotta lungo cui navigare”. Per il cardinale Bassetti “la ricchezza di questa nostra storia conferma che la sinodalità, come stile, metodo e cammino, è perfettamente coerente con un percorso che abbraccia cinque decenni, tanto più per la consapevolezza di un 'cambiamento d’epoca' in atto”.
In questo quadro, ribadisce il porporato, il “cammino sinodale” rappresenta “quel processo necessario che permetterà alle nostre Chiese che sono in Italia di fare proprio, sempre meglio, uno stile di presenza nella storia che sia credibile e affidabile, perché attento ai complessi cambiamenti in atto e desideroso di dire la verità del Vangelo nelle mutate condizioni di vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. E poiché “siamo tutti chiamati ad acquisire questo stile, occorre che assumiamo con responsabilità la decisione di coinvolgerci in questo ‘cammino’ che, come comprendiamo bene, non può risolversi in adempimenti formali, né soltanto nell’organizzazione di eventi che, a lungo andare, rischiano di diventare, come ebbe a dire San Giovanni Paolo II, ‘apparati senz’anima, maschere di comunione’ (Novo Millennio Ineunte, n. 43)”.
Quello che serve “è uno stile che vuole riconoscere il primato della persona sulle strutture, come pure che intende mettere in dialogo le generazioni, che scommette sulla corresponsabilità di tutti i soggetti ecclesiali, che è capace di valorizzare e armonizzare le risorse delle comunità, che ha il coraggio di non farsi ancora condizionare dal ‘si è sempre fatto così’, che assume come orizzonte il servizio all’umanità nella sua integralità”. “È un cambio di rotta quello che ci viene chiesto – sottolinea Bassetti -: le possibili tappe del “cammino” ci permetteranno di familiarizzare con questo stile, perché esso possa arrivare a permeare il quotidiano dei nostri vissuti ecclesiali”.
Infatti “in una dinamica di Chiesa missionaria” lo stile sinodale, lungi dal favorire “processi di arroccamento ecclesiale e clericale”, muove invece la vita delle comunità “in una direzione di estroversione verso quelle periferie che, in prima battuta, non sono poi così lontane ed estranee ai nostri vissuti ecclesiali, ma che anzi vi appartengono in qualche modo”. Anche con il coinvolgimento “di tanti laici e laiche che esprimono, in una vita credente affidabile, un senso forte di Chiesa e un servizio competente all’annuncio del Vangelo”.
Il cardinale Bassetti sottolinea quindi che la Chiesa e la società italiana oggi hanno “urgente” bisogno di “riconciliazione”. Di riconciliazione ecclesiale, senza la pretesa di “elaborare e poi offrire un pensiero unico”.
Infatti “Papa Francesco ci sprona a guardare in faccia la realtà e a trovare soluzioni praticabili insieme, suggerendo il modello del poliedro, che «riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (Evangelii Gaudium, n. 236)”. E di “riconciliazione con il mondo”. Già il Concilio aveva “definitivamente mutato l’atteggiamento della Chiesa verso la modernità: non più il sospetto o il rifiuto, ma il dialogo e la profezia”. Ora “è tempo di dare seguito a quel processo di confronto fiducioso e intelligente con la società”.
Così, "mentre emergono qua e là estremismi, che usano la violenza per affermare le proprie idee, la comunità ecclesiale, tutta intera, porta il contributo costruttivo della mediazione e della pace, della razionalità e della carità, costruendo ponti di comprensione con tutti e prendendo sul serio le domande antropologiche fondamentali".
Nella sua riflessione proposta ai vescovi il cardinale Bassetti non ha mancato lanciare uno sguardo, con “realismo spirituale”, sull’attualità nazionale e internazionale. Il porporato ha affrontato il dramma dell’inverno demografica (“per risalire la china servono ovviamente gli interventi di carattere fiscale e amministrativo, riassunti ad esempio nell’’assegno unico’ in via d’implementazione per tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, servono le politiche attive del lavoro soprattutto femminile, rispettose dei tempi della famiglia e della cura dei figli”. E la questione del lavoro (“chiediamo un’attenzione perché questo avvenga sempre in condizioni sicure. Basta morti sul lavoro! servono una strategia e una forte iniziativa nazionale che coinvolga tutti”).
Riguardo al ddl Zan Bassetti ha ribadito che c’è “ancora tempo per un ‘dialogo aperto’ per arrivare a una soluzione priva di ambiguità e di forzature legislative”.
Mentre per quanto riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il presidente della Cei osserva che “può essere una occasione importante di crescita collettiva: vi sia la saggezza di coinvolgere tutte le energie positive del Paese, che sono tante e, nello stesso tempo, disperse”. Il PNRR infatti può “diventare un’opportunità per rilanciare l’economia del Paese, dando respiro e ristoro ad una società provata dalla persistente emergenza sanitaria, che sta producendo effetti molto pesanti sulla situazione socio-economica”.
Guardando alla situazione internazionale, Bassetti unisce la Cei “all’accorato appello del Santo Padre affinché in ogni area di conflitto – e, in particolare, in Terra Santa – tacciano le armi e ci si incammini sulla strada del dialogo e della riconciliazione”. E annuncia che, dopo l’incontro di Bari del febbraio 2019 si sta “studiando un’altra occasione che possa far maturare ancora di più la coscienza di quanto sia attuale il sogno di La Pira: il Mediterraneo, culla delle civiltà monoteiste che egli chiamava ‘la triplice famiglia di Abramo’, è chiamato a riprendere il suo posto nella storia in un mondo sempre più minacciato da guerre e distruzione”. Riguardo poi al fenomeno migratorio, Bassetti ricorda che la Cei, attraverso i suoi Uffici nazionali, “ha garantito l’arrivo in Italia e l’accoglienza in sicurezza di oltre mille profughi dal Medio Oriente e dall’Africa, dimostrando che è possibile un’alternativa agli ingressi irregolari e alle morti in mare, su cui un giorno sarà severo e inappellabile il giudizio di Dio: ‘Dov’è tuo fratello?’”.
Infine il cardinale Bassetti ha ringraziato la testimonianza offerta in questi mesi segnati dalla pandemia dai sacerdoti, dai religiosi e religiose, dai catechisti ed educatori.
Ed ha ribadito che la stagione che si sta aprendo richiederà ai pastori “il cuore largo di chi sa discernere, evitando gli estremi di un gretto massimalismo o di uno scialbo minimalismo”.