«In un caso come questo il primo nome che viene in mente è quello di Celestino V, il Papa del 'gran rifiuto', anche se il versetto non è fra i più simpatici di Dante e nei fatti non sappiamo con certezza se il poeta si riferisse proprio a Pietro da Morrone». È la prima osservazione dello storico Franco Cardini quando gli chiediamo se nella storia ci sono stati casi che in qualche modo possano assomigliare a quello di Benedetto XVI. Poi spiega che in realtà casi simili non ce ne sono stati, ma «se proprio si vuole andare a caccia di Papi che hanno rinunciato», ci sono casi vagamente somiglianti. E aggiunge: «Le somiglianze storiche zoppicano, perché sono sempre soggettive». In questa logica salta a piè pari il caso poco documentato di papa Clemente, terzo successore di Pietro. Poi, c’è quello di papa Ponziano, che nel 235 viene deportato in Sardegna e nella prospettiva di non tornare più dai lavori forzati rinuncia alla carica consentendo la nomina del suo successore. Sorte che più o meno accade tre secoli dopo a papa Silverio, confinato da Belisario su ordine dell’imperatrice Teodora.
Allora professore, quali sono i casi vagamente somiglianti più vicini a noi?
«Un caso emblematico è quello relativo a Benedetto IX, Teofilatto dei conti di Tuscolo, che viene eletto nel 1032. Personaggio dalla vita assai criticabile, che viene cacciato da una rivolta nel 1044. Al suo posto viene eletto Silvestro III che a sua volta viene rimosso dal ritorno di Benedetto IX che resta in carica fino a maggio del ’45, quando vende il pontificato a Giovanni dei Graziani che prende il nome di Gregorio VI e viene deposto l’anno dopo. Una fase particolarmente confusa della storia della Chiesa che culmina con lo Scisma d’Oriente e si chiude con la nomina al soglio pontificio di Ildebrando di Soana, il riformatore Gregorio VII».
C’è un periodo analogo, nel ’400, in cui si verifica una singolare sovrapposizione di Papi...
«In effetti se da professore di storia, non da commentatore della vicenda attuale, dovessi andare cercando curiose analogie indicherei i fatti accaduti negli anni fra il 1409 e il 1414».
Siamo alla fine dello Scisma d’Occidente.
«Esattamente. Parliamo del caso di Gregorio XII, il veneziano Angelo Correr, che si dimette nel 1415 su richiesta del Concilio di Costanza, dopo però che nel 1409 il Concilio di Pisa aveva deposto sia lui che il papa avignonese Benedetto XIII, eleggendo in loro sostituzione Alessandro V, che muore nel 1410 e viene sostituito dall’antipapa Giovanni XXIII. Una situazione particolarmente confusa a fronte della quale, anche su sollecitazione di molti cardinali che rilevano la necessità di porre fine allo scisma, interviene l’imperatore Sigismondo di Boemia. Viene indetto il Concilio di Costanza il 4 luglio del 1415 che accoglie l’abdicazione ufficiale, ancorché forzata, di Gregorio XII, che torna cardinale e va a vivere a Recanati. Qualche mese dopo lo scisma viene ricomposto con l’elezione di un membro di una nobile famiglia romana, Oddone Colonna, che assume il nome di papa Martino V. È nel corso del Concilio di Costanza che emerge un fatto importante nella Chiesa, cioè il dibattito sull’opportunità che il Papa governi affiancato dal Concilio. A questo scopo si decise che i Concili venissero indetti a cadenze fisse».
Questo non impedì quello che è passato alla storia come il Piccolo Scisma.
«E anche qui emerge la singolare figura di un antipapa dimissionario. Si tratta di Amedeo VIII di Savoia, eletto in seno al Concilio di Basilea da un gruppo di cardinali che deposero Eugenio IV. Prese il nome di Felice V. Quando a Roma Eugenio IV muore, su richiesta del successore, Nicolò V, accetta di abbandonare la tiara per riunire la Chiesa. È il 1449. Muore due anni dopo da cardinale e in fama di santità. Da quel momento l’unità di guida all’interno della Chiesa Cattolica non viene più messa in discussione ».
Figure che ci allontanano parecchio dal caso di Benedetto XVI.
«Sono somiglianze molto vaghe. Alla fine il caso che si avvicina di più, nonostante le tante differenze, è forse quello di Celestino V. Lui è tornato a fare il monaco anche perché non poteva fare altrimenti, considerate le pressioni esterne. Le libere dimissioni di papa Benedetto aprono ora nuovi scenari anche riguardo alla domanda su cosa fa un Papa dopo che si è dimesso».