L'intervista. Papa Francesco: superiamo l'individualismo, passiamo dall'"io" al "noi"
L'intervista di papa Francesco al Tg5
Superare la logica individualista per pensare al plurale. Nell’intervista concessa domenica sera al Tg5, papa Francesco ha sottolineato l’atteggiamento che in ogni Paese del mondo sarebbe giusto adottare in una situazione di crisi come l’attuale, che sollecita, innanzitutto chi ha compiti di responsabilità, ad anteporre la logica del bene comune alla promozione personale, il ”noi” all’“io”. «La classe dirigenziale – spiega il Pontefice – ha il diritto di avere punti di vista diversi e anche di avere la lotta politica.
È un diritto: il diritto di imporre la propria politica. Ma in questo tempo si deve giocare per l’unità, sempre. Non c’è il diritto di allontanarsi dall’unità. La lotta politica è una cosa nobile, i partiti sono gli strumenti. Quello che vale è l’intenzione di fare crescere il Paese. Ma se i politici sottolineano più l’interesse personale all’interesse comune, rovinano le cose». In altri termini «tutta la classe dirigenziale non ha diritto di dire “io” … deve dire “noi” e cercare una unità di fronte alla crisi». In questo momento, «un politico, un pastore un cristiano, un cattolico anche un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire “noi” invece di “io” non è all’altezza della situazione».
Significativo in questo senso il richiamo alla crisi statunitense, all’indomani dell’assalto a Capitol Hill. «Anche nella realtà più matura – spiega il Papa – sempre c'è qualcosa che non va, di gente che prende una strada contro la comunità, contro la democrazia, contro il bene comune. Grazie a Dio questo è scoppiato e si è potuto vedere bene perché così si può mettere il rimedio. (…) Va condannato questo movimento così, prescindendo dalle persone». «La violenza sempre è così, no? Nessun popolo può vantarsi di non avere, un giorno, un caso di violenza… Succede nella storia, ma dobbiamo capire bene per non ripetere, è [dobbiamo] imparare dalla storia».
Perché, di sicuro, dalla crisi si esce cambiati, o migliori o peggiori. È una condizione che spinge «a fare revisione di tutto» a cominciare dai «grandi valori» che «vanno tradotti nella vita del momento». Le statistiche dicono che togliendo un mese di spese di guerra potremmo dare da mangiare a tutta l’umanità per un anno – osserva papa Bergoglio –. «Dobbiamo prendere coscienza di questa drammaticità del mondo, non è tutto una festa. Per uscire da questa crisi a testa alta e in modo migliore – osserva – dobbiamo essere realisti. Ci vuole realismo». E nell’ottica di questa presa di coscienza, alla luce del dovere di pensare al plurale, occorre un’assunzione di responsabilità, personale e collettiva nella lotta al coronavirus. «Io – afferma Francesco rispondendo alle domande del vaticanista Fabio Marchese Ragona – credo che eticamente tutti devono prendere il vaccino. Non è una opzione, è un’azione etica. Perché ti giochi tu la salute, ti giochi la vita, ma anche giochi la vita degli altri». E spiega che nei prossimi giorni inizieranno le vaccinazioni in Vaticano e anche lui si è «prenotato». «Sì, si deve fare – aggiunge il Pontefice – se i medici lo presentano come una cosa che può andare bene e che non ha dei pericoli speciali, perché non prenderlo? C’è un negazionismo suicida, in questo, che io non saprei spiegare».
E proprio il richiamo a pensare anche agli altri, che poi è alla base della prevenzione legata ai vaccini, si lega, nella riflessione del Papa, al concetto di fraternità. «La sfida è farmi vicino all’altro, vicino alla situazione, vicino ai problemi, farmi vicino alle persone». Nemica della vicinanza è invece «la cultura dell’indifferenza». Si parla «di un sano menefreghismo dei problemi, ma il menefreghismo non è sano. La cultura dell’indifferenza distrugge, perché mi allontana».
Nell’ampia intervista diffusa da Canale 5, papa Francesco torna su molti punti chiave del suo pontificato, dalla cultura dell’incontro, alla necessità di non cedere alla logica dello scarto, specie dei più indifesi. Dei poveri. Dei malati. Degli anziani. Degli “improduttivi”. Una logica che comincia con il rifiuto di bambini non ancora nati. «È giusto cancellare una vita umana per risolvere un problema, qualsiasi problema? – si chiede il Papa –. No, non è giusto. È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Uno che uccida la vita umana? Questo è il problema dell’aborto. Scientificamente e umanamente». Non dimentichiamoci di una brutalità che succede in questa nostra cultura – aggiunge il Pontefice – noi possiamo dire che questa è la cultura dello scarto. Quello che perde l’utilità si scarta. Si scartano tante cose: è la cultura dello scarto. Le persone che non sono utili si scartano. Si scartano i bambini, non volendoli, o mandandoli al mittente quando si vede che hanno qualche malattia, o quando semplicemente non sono voluti: prima della nascita si cancellano dalla vita».
Tanti i punti toccati dal Papa nell’intervista. Compresa l’agenda dei suoi prossimi impegni, messa a rischio della pandemia. A causa del Covid – sottolinea papa Bergoglio – «ho dovuto cancellare viaggi, a Papua Nuova Guinea e Indonesia, cancellati totalmente. In coscienza io non posso provocare assembramenti, no? Adesso non so se il prossimo viaggio in Iraq si farà». Come noto la visita è prevista dal 5 all’8 marzo prossimi.