Il libro. Benedetto XVI: indispensabile il celibato dei preti
Benedetto XVI
La premessa è importante quanto i contenuti. L’obiettivo infatti, viene scritto, è la ricerca della verità, in uno «spirito di amore per l’unità della Chiesa», in «filiale obbedienza a papa Francesco». Nessun desiderio di creare spaccature o divisioni, tantomeno di sostenere la fronda anti Bergoglio. L’argomento tuttavia, anche alla luce del recente Sinodo per l’Amazzonia, si presta a interpretazioni malevole e strumentalizzazioni. In “Dal profondo del nostro cuore” infatti il Papa emerito Benedetto XVI e il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, vanno alla radice del celibato sacerdotale, tema di grande attualità anche alle luce del calo di vocazioni che sta appesantendo la Chiesa occidentale. Il volume, 175 pagine, uscirà mercoledì in francese ma alcune sua parti sono state anticipate dal quotidiano Le Figaro (QUI). Si compone di due interventi, uno di Benedetto XVI e l’altro di Sarah, che invece firmano insieme l’introduzione e la conclusione.
«C’è un legame ontologico-sacramentale tra celibato e sacerdozio – scrive Sarah –. Qualsiasi indebolimento di questo legame metterebbe in discussione il magistero del Concilio e dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Di qui «la supplica» a papa Francesco di porre «il veto a qualsiasi indebolimento della legge sul celibato sacerdotale anche se limitato all’una o all’altra regione». Se così non fosse, se cioè diventasse realtà «la possibilità di ordinare uomini sposati», aggiunge il cardinale, ci sarebbe «una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio».
Il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti - Siciliani
Il riferimento è ovviamente al Sinodo sull’Amazzonia, che nel documento finale propone «di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica». Proposta che deciderà poi il Papa se e come fare propria nell’Esortazione postsinodale che concluderà a tutti gli effetti l’assise. Un’indicazione, quella scaturita dall’Assemblea dei vescovi, che voleva rispondere soprattutto alle richieste di quelle comunità amazzoniche che per assenza di un prete residente debbono spesso rinunciare alla celebrazione dell’Eucaristia.
Più prettamente storico-teologica invece l’argomentazione del Papa emerito, il quale sottolinea che sacerdozio e celibato sono uniti sin dall’inizio della nuova alleanza tra Dio e l’umanità, realizzata in Gesù. «Dalla celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, che implica uno stato permanente di servizio a Dio, sorse spontaneamente l’impossibilità di un legame coniugale», spiega Benedetto XVI. «Si può dire che l’astinenza sessuale funzionale si è trasformata in astinenza ontologica», senza che questo sia «la conseguenza di un disprezzo per la corporeità e la sessualità». Anche nella Chiesa del primo millennio, del resto, «gli uomini sposati potevano ricevere il sacramento dell’Ordine solo se si erano impegnati a rispettare l’astinenza sessuale» con le loro mogli. La Chiesa, ricorda Benedetto XVI, «ha sempre considerato il matrimonio come un dono concesso da Dio dal paradiso terrestre. Tuttavia, lo stato civile riguarda l’uomo nel suo insieme e poiché il servizio del Signore richiede anche il dono totale dell’uomo, non sembra possibile raggiungere entrambe le vocazioni contemporaneamente». Pertanto, «la capacità di rinunciare al matrimonio per rendersi completamente disponibile al Signore è diventata un criterio per il ministero sacerdotale».
In realtà papa Francesco non ha intenzione di modificare la dottrina sul celibato sacerdotale. Più semplicemente, anche in alcune interviste, ha ventilato la possibilità che, in alcune comunità cristiane isolate e difficilmente raggiungibili, possano ricevere l’ordinazione sacerdotale dei “viri probati”, cioè uomini anche sposati che abbiano superato un certa età e la cui fede sia pubblicamente provata. Il Sinodo sull’Amazzonia ha discusso di questa eventualità parlando di diaconi permanenti, cioè figure di ministri ordinati che in Italia sono oltre 4mila, in larga maggioranza coniugati, e alcuni dei quali già guidano comunità parrocchiali con i limiti del loro ministero (vedi celebrazione eucaristica, sacramento della Confessione e Unzione degli infermi). Inoltre la Chiesa cattolica ha già sacerdoti sposati. Per esempio nelle diocesi di rito greco-albanese presenti in Calabria, Basilicata e Sicilia. O tra gli ex anglicani rientrati nella Chiesa cattolica grazie alla Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus”.
Il libro come detto è stato scritto a quattro mani. «La somiglianza delle nostre preoccupazioni e la convergenza delle nostre conclusioni – sottolineano gli autori – ci hanno portato a mettere i frutti del nostro lavoro e della nostra amicizia spirituale a disposizione di tutti i fedeli come Sant’Agostino. Anzi, come lui possiamo dire: “Silere non possum! Non posso tacere”»
Il celibato sacerdotale "non è e non è mai stato un dogma". Si tratta di una disciplina ecclesiastica della
Chiesa latina che "rappresenta un dono prezioso, definito in questo modo da tutti gli ultimi Pontefici". Lo scrive su Vatican News Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero vaticano per la Comunicazione in un lungo editoriale intitolato "Un contributo sul celibato sacerdotale in filiale obbedienza al Papa".