INTERVISTA. «In molti una rimozione colpevole del problema»
Alle parole di papa Francesco, il professor Alberto Vannucci si spalanca in un sorriso. E c’è da capirlo. Docente di Scienza politica all’Università di Pisa, da quattro anni coordina il master in 'Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione' assieme a Libera e Avviso Pubblico, il primo del genere in Italia. «I corrotti e i corruttori diventavano sempre più attrezzati, ma l’università ignorava questi temi. E invece occorre conoscere, per dare risposte di prevenzione e contrasto. Tra l’altro, abbiamo scoperto che non siamo tutti figli delle tangenti». Ieri sera, Vannucci era a Bari per presentare il suo libro Atlante della corruzione (Edizioni Gruppo Abele).
Cominciamo appunto dalla coda, dal Papa che prega per i bambini e ragazzi che ricevono dai genitori «pane sporco », i figli di corrotti e corruttori. Quel «pane sporco» sono i disvalori che inevitabilmente vengono respirati in certe famiglie, dove si finisce per credere che tutto sia monetizzabile, tutto abbia un prezzo, compresa la dignità. Come può crescere chi vive immerso in un clima simile? Non crede che quei «figli», in qualche modo, siamo tutti noi? In parte sì. In molti c’è una rimozione colpevole del problema. Intanto, la corruzione in Italia ha raggiunto un livello assai superiore a quello di paesi a noi analoghi. Nelle classifiche, facciamo peggio di paesi in via di sviluppo e non democratici. Perché la dea tangente è tanto forte ed esercita una tale attrattiva? Perché è una via agevole all’arricchimento. Consente di guadagnare cifre enormi rischiando pochissimo. Le cronache recenti confermano che il flusso di denaro è gigantesco. Ma finché la corruzione sarà così conveniente e poco pericolosa, sarà impossibile contrastarla.
Che cosa può fare la politica? Inasprire le pene, aumentare le indagini, varare leggi apposite? Tutto utile, ma insufficiente. I controlli più incisivi servono a poco, perché l’origine ultima della corruzione è 'dal di dentro', è nell’anima. Sono convinto che il primo compito della politica sia la formazione etica di amministratori e funzionari. La dea tangente è scaltra e comincia proprio da lì, attenuando e annullando i sensi di colpa. Avvelena l’anima? Dice bene papa Francesco: è una droga. Coglie una realtà che noi studiosi conosciamo bene. Si comincia a piccole dosi. Il primo pensiero è che 'così fan tutti', si passa poi all’assuefazione, la soglia morale si abbassa ulteriormente e si supera prestissimo il limite oltre il quale non si torna più indietro. Alla fine, senza il ricorso alla corruzione il politico, l’amministratore, l’imprenditore non riuscirebbero più ad andare avanti. Eppure non è una battaglia persa, altrimenti non sareste qui a lottare.
La percezione può ingannare, la corruzione è di molti ma non di tutti. Le nostre ricerche dimostrano che una minoranza di corrotti sta tenendo in ostaggio una maggioranza di onesti. A cui anche un intervento come questo del Papa può dare la forza di rialzare la testa.