Roma. Agagianian, amico e collaboratore di Roncalli nel 1958 gli «contese» l’elezione
Nel Conclave del 1958 era stato lui l’ “altro” candidato alla cattedra petrina. Lui, ovvero, il cardinale Gregorio Pietro XV Agagianian, del quale oggi 28 ottobre - data dell’elezione di Giovanni XXIII, nonché giorno in cui le Chiese armene celebrano San Giuda Taddeo loro “primo catholicos”- prende avvio la prima tappa della causa di beatificazione.
Proprio il patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, infatti, fu uno dei “papabili” più accreditati, insieme al patriarca di Venezia, Roncalli nella ricerca del rassicurante “Papa di transizione” voluto da quel miope Conclave. «Sapete che il vostro cardinale e io eravamo come appaiati nel Conclave dello scorso ottobre? I nostri nomi si avvicendavano or su, or giù, come i ceci nell’acqua bollente».
Così lo stesso Giovanni XXIII agli alunni del Collegio Armeno, il 10 febbraio 1959, ricordando l’alternarsi dei loro nomi nelle schede. Secondo diverse analisi di quell’elezione, dovrebbe essere stato il 26 ottobre il giorno in cui– oltre a quella di Roncalli - si sarebbe affacciata al mattino la candidatura del cardinale Agagianian: forse 18 voti per lui e 20 per Roncalli, forse invece la maggioranza relativa ad Agagianian e poco sotto il patriarca di Venezia. L’indomani, il 27, ripresi gli scrutini, altre due fumate nere e saliscendi, appunto, dei voti per i due.
Poi il momento d’impasse fu superato. Non a caso nella notte tra il 27 e il 28 più d’un porporato varcò la soglia della cella di Roncalli, il cui nome la mattina del 28 al IX e X scrutinio tornò in alto. Quello, presumibilmente, il momento in cui cadde la candidatura Agagianian, che perse consensi, mentre Roncal salì da 20 a 36 voti. Non a caso già la mattina del giorno prima il patriarca di Venezia aveva consultato l’Annuario Pontificio, verificando il numero della serie dei Giovanni e preparando alcune note. Lette proprio nel pomeriggio di quel 28 ottobre, sessantaquattro anni fa, dopo il decisivo XI scrutinio. Ricordato questo, il rapporto di Giovanni XXIII con Agagianian fu sempre caratterizzato da stima e amicizia.
Lo era già negli anni lontani in cui Roncalli era delegato apostolico in Turchia e Grecia. Come pure in quelli nella laguna dove Agagianian fu ospite. Uomo di spiritualità, giurista e poliglotta, armeno, ma alquanto romanizzato sin dai tempi in cui era stato vice rettore e rettore al Collegio Armeno (dal ‘21 al ’37), vescovo di Pio XI (nel ’37) e cardinale di Pio XII (nel ‘46), Agagianian era già un protagonista nella prima metà del secolo XX. Con Giovanni XXIII lo sarebbe stato ancor di più.
Destinatario già il 12 dicembre ‘58 di confidenze del Papa circa l’idea del Concilio (nel quale poi Paolo VI lo volle tra i moderatori), presente con papa Roncalli ed altri alla lettura – il 21 agosto ‘59 - del “terzo segreto di Fatima”, prefetto di “Propaganda Fide” dal 18 luglio ‘60 (lo sarebbe stato per un decennio), il patriarca non solo seguì da vicino la formazione dei missionari in tutto il mondo, ma ebbe pure un ruolo nella politica giovannea, specie verso l’Est.
A lui perché lo valutasse il papa consegnò il rapporto sui colloqui di Cousins a Mosca e con lui si confrontò guardando oltre cortina. Lo confermano brani del diario di Papa Giovanni. Alla data 27 dicembre ’62 ad esempio si legge: “… Agagianian viene da me informato circa gli atteggiamenti. di Krushev e del movimento generale a proposito di contatti col mondo Russo. […]. Con Agagianian che è Armeno autentico del Caucaso, multa exploranda sunt, et meditanda [molte cose vanno esplorate, e meditate] negli interessi dell’apostolato presso i Russi”.