INCHIESTA. Imu per il non profit. Era già tutto previsto
Che cosa cambierà, rispetto a prima, con la nuova Ici-Imu? Per saperlo con esattezza si dovranno attendere i regolamenti. Ma alcuni punti fermi possono essere posti.Intanto, l’emendamento del governo ha previsto che, per avere l’esenzione, gli enti non profit devono svolgere negli immobili di proprietà attività sociali «con modalità non commerciali». Se l’attività è mista, invece, l’esenzione si applicherà «solo alla frazione dove si svolge l’attività di natura non commerciale». E questo è pacifico. Ma cosa si intende per «modalità non commerciali»? Tutto lascia capire, da quello che il premier Mario Monti ha detto in Commissione Industria del Senato, che si dovrebbe seguire, elevandola al rango di legge, la circolare 2 del febbraio 2009, cioè quel documento che già da tempo, come Avvenire ha sempre scritto, chiariva tutto, e che invece chi ha attaccato strumentalmente la Chiesa cattolica ha finto per mesi di non conoscere. Monti, infatti, fugando i dubbi di chi temeva inasprimenti per le scuole pubbliche paritarie, ha citato ampi passaggi proprio della circolare del 2009.La vera novità dell’emendamento è in realtà l’introduzione di un meccanismo di dichiarazione per individuare il «rapporto proporzionale» tra le attività commerciali e quelle non commerciali esercitate all’interno di uno stesso immobile. In pratica, poiché in precedenza gli enti esenti Ici non erano obbligati a presentare dichiarazione, questo favorirà l’emersione di eventuali situazioni di evasione.Tornando alla circolare 2, quella che nessuno conosceva (o hanno finto di non conoscere fino al chiarimento di Monti), la cosa interessante è che quella circolare escludeva già espressamente, ad esempio, la possibilità di ottenere l’esenzione per un hotel, semplicemente inserendo una cappellina per il culto. Invece la mistificazione da parte della stampa italiana è proseguita per mesi. Non ci credete? Bene, vediamo allora che cosa prevedeva questa circolare, ripercorrendo le principali esenzioni finora in vigore, tentando di fare chiarezza sulle troppe false verità, e per capire come può evolvere la normativa.
Quali enti potevano avvalersi finora dell’esenzione Ici per gli immobili di proprietà?Oltre agli enti pubblici, erano esentabili gli enti privati senza scopo di lucro come associazioni, fondazioni, comitati, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni di promozione sociale, associazioni sportive dilettantistiche, fondazioni liriche, Onlus... Anche gli enti ecclesiastici, di tutte queste confessioni: Chiesa cattolica, Tavola valdese, Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Comunità ebraiche italiane, Unione cristiana evangelica battista d’Italia, Chiesa evangelica luterana d’Italia. Questa impostazione non dovrebbe cambiare. In ogni caso, non si può togliere solo la Chiesa cattolica dalla lista, come ha chiesto qualcuno.
Gli enti non commerciali erano sempre esenti?No, perché gli immobili dovevano essere «destinati esclusivamente» allo svolgimento di alcune precise attività: assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, di religione e di culto. «Esclusivamente» vuole dire che non vi si può fare altro. Cioè, per la legge in vigore, se in una parte di immobile si svolgeva un’attività commerciale, allora si perdeva l’esenzione in tutto l’edificio. Invece ora, con le nuove norme, si potrà «frazionare» l’unità e pagare solo dove si svolge l’attività commerciale. Per molti questo sarà un bel vantaggio.
Quali erano le attività sanitarie esenti?Non le cliniche private, per la circolare 2, ma solo le strutture accreditate o convenzionate dalla Regione e che si svolgono in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico. Queste devono poi avere uno standard di qualità e un limite alla remunerazione delle prestazioni, e comunque non possono essere orientate alla realizzazione di profitti. Chi vi ha detto finora che le «cliniche private» della Chiesa erano esenti, in sostanza mentiva. Le nuove norme difficilmente potranno cambiare questa impostazione, che esentava solo chi non realizzava o distribuiva utili.
Quali scuole non pagavano l’Ici?Non le «private», né quelle che lucravano sulle rette, ma solo le paritarie pubbliche, e a patto che non discriminassero gli alunni nell’accettazione. La circolare diceva inoltre che il bilancio non doveva chiudere con un risultato superiore al pareggio economico, mentre gli eventuali avanzi di gestione dovevano essere reinvestiti totalmente nell’attività didattica. Esattamente quello che ha ribadito Monti in commissione. Per esteso, interpretando il premier, si dovrebbe desumere che ora potrebbero essere esentate anche le cooperative sociali che organizzano attività didattiche, se il parametro è quello della non distribuzione del profitto. In ogni caso, chi ha raccontato che fino a oggi le scuole private cattoliche erano esenti, diceva il falso.
E gli alberghi erano esentati?No, nemmeno se di enti non profit o di congregazioni religiose. La legge Ici, infatti, esentava solo la «ricettività turistica non alberghiera» e la «ricettività sociale». Per la prima era richiesta un’accessibilità limitata: l’accesso alla struttura, cioè, non doveva essere rivolta a un pubblico indifferenziato, ma solo ai destinatari propri delle attività istituzionali (gli alunni e le famiglie di istituti scolastici, degli iscritti al catechismo, i membri di associazioni…). Inoltre ci doveva essere discontinuità nell’apertura, cioè non per l’intero anno solare.Per l’housing sociale, invece, era richiesto di soddisfare bisogni speciali: centri di accoglienza, pensionati per parenti di malati ricoverati in ospedali distanti dalle proprie residenze, comunità alloggio. Le attività ricettive, inoltre, dovevano essere dirette a categorie sociali meritevoli, come avviene per i pensionati per studenti, lavoratori precari, stranieri... Un’altra determinante era poi che le "rette" dovevano essere di importo significativamente ridotto rispetto ai prezzi di mercato.La circolare del 2009 esclude espressamente l’esenzione per le strutture alberghiere da chiunque gestite e le strutture che si comportino come albergo. Dunque, non bastava una cappellina in un albergo per godere dell’esenzione, perché l’attività alberghiera non è mai stata attività esente. Stando così le cose, è difficile pensare che possano cambiare.
Musei, cinema e teatri pagavano l’Ici?Dipende. La legge esentava musei, pinacoteche, cinema e teatri di enti senza scopo di profitto solo a certe condizioni. Nei musei non devono essere svolte attività non museali di natura commerciale, come la vendita di libri o di oggettistica nei book-shop o la somministrazione di cibo e bevande nelle caffetterie. I cinema sono esenti solo come «sala della comunità ecclesiale o religiosa» e solo se la programmazione cinematografica è svolta con finalità di formazione sociale, culturale e religiosa. Le sale cinematografiche aperte all’esterno, poi, possono essere esentate solo se vi si proiettano esclusivamente film di interesse culturale, d’essai, riconosciuti di interesse culturale, d’archivio, ai quali sia stato rilasciato l’attestato di qualità, inseriti nelle selezioni ufficiali di festival e rassegne cinematografiche di rilievo nazionale e internazionale, per ragazzi. Per quanto riguarda i teatri, l’esenzione era limitata a quelli che si avvalevano solo di compagnie non professionali. Se ora dovessero pagare, è evidente che interi quartieri cittadini o paesi perderebbero occasioni di arricchimento culturale a prezzi popolari.
E le attività sportive?Lo sport fatto praticare da associazioni sportive non profit aveva diritto alle esenzioni, ma a patto che nell’immobile si svolgesse solo attività sportiva agonistica organizzata direttamente dall’associazione. Cioè, dare in affitto campi da tennis o da calcio a singoli o gruppi, come gestire piscine con ingressi a pagamento, faceva perdere l’esenzione.