Anniversario. Il silenzio di Tommaso d’Aquino, quando il genio è assorbito in Dio
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Il triennio di anniversari riguardanti la figura di san Tommaso d’Aquino (quest’anno il settimo centenario della sua canonizzazione, nel 2024 i 750 anni dalla sua morte e nel 2025 l’ottavo centenario della nascita) con le relative commemorazioni, è iniziato solennemente ieri presso l’abbazia di Fossanova, a Priverno in provincia di Latina (dove morì il grande teologo domenicano). Lì il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi e inviato speciale del Papa, ha presieduto la Messa in ricordo della canonizzazione dell’Aquinate, che avvenne il 18 luglio 1323. Ad accogliere il porporato è stato il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno Mariano Crociata, insieme a tante autorità civili della zona e non solo, come l’ambasciatore della Lituania presso la Santa Sede, Sigita Maslauskaitė-Mažliene. Con Semeraro, oltre a Crociata hanno concelebrato vari vescovi del Lazio e decine di sacerdoti, tra cui una rappresentanza dei frati domenicani.
Semeraro nella sua omelia ha ricordato la dedizione allo studio di san Tommaso e come si preparasse all’insegnamento con la preghiera. In lui «studio e contemplazione non sono due operazioni distaccate, ma un solo atto dove convergono intelligenza e amore». Un segno di ciò è «il suo famoso e apparente essere distratto, silenzioso, quasi, diremmo noi, con la “testa fra le nuvole”, al punto da costringere i superiori a mettergli accanto uno che lo riportasse nella realtà. Tale fu Reginaldo di Piperno (oggi Priverno), che fu per Tommaso come una nutrice». Le biografie del santo raccontano che per questo suo atteggiamento, sin da giovane studente, i confratelli per scherzo lo chiamavano il bue muto, anche per la sua corporatura molto robusta. «Il suo silenzio era invece espressione del suo essere assorbito in Dio – ha detto sempre Semeraro – in quel Dio che pian piano andava come prosciugando la sua mente e riempiendo il suo cuore». Questo a tal punto che sul finire della vita Tommaso arrivò a dire al segretario Reginaldo: «Tutto ciò che ho scritto ormai non mi sembra che paglia».
Semeraro ha ricordato nell’omelia anche le parole di papa Francesco nella lettera con cui lo ha nominato suo inviato a queste celebrazioni: «Tommaso, da Dio ripieno dello Spirito d’intelligenza, mentre con la ragione indagava umilmente i divini misteri, li contemplava con una fede ardente».
Significativa la presenza alla Messa di ieri di due delegazioni, quella della diocesi di Frosinone, guidata dal vescovo Ambrogio Spreafico, e quella della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, con il vicario generale monsignor Alessandro Recchia, poiché il vescovo Gerardo Antonazzo sta guidando un pellegrinaggio diocesano a Tolosa, dove nella chiesa dei domenicani detta dei Giacobini dal 1369 si trovano le spoglie dell’Aquinate. Proprio ai vescovi di Latina, Sora e Frosinone il Papa ha scritto lo scorso giugno chiedendo loro di custodire la memoria viva del Doctor communis.
Commemorare la sua canonizzazione nei suoi luoghi di origine, ha rimarcato il Pontefice, vuol dire «riconoscere l’azione efficace dello Spirito che guida la Chiesa nella storia e, dall’altro, la risposta generosa dell’uomo, che sperimenta come i talenti naturali di cui è dotato e che coltiva non solo non vengano mortificati dalla grazia, bensì siano vitalizzati e perfezionati». San Tommaso è «un bene prezioso per la Chiesa di oggi e del domani», «occorre concentrarci sullo studio» della sua opera «nel suo contesto storico e culturale e al contempo farne tesoro per rispondere alle odierne sfide culturali». Ai presuli “aquinati” il Papa affida poi due compiti: «La costruzione paziente e sinodale della comunità, l’apertura alla “verità tutta intera” (Gv 16,13)». Compiti che «diventeranno piste privilegiate di azione nel nostro cammino di Chiesa» ha assicurato il vescovo Crociata ieri nel suo saluto iniziale.