Roma. Il Pontefice alla Gregoriana: disarmiamo i pensieri, le parole, gli sguardi
Un momento dell'intervento del Pontefice alla Gregoriana. Alla presenza di due ex professori i cardinali gesuiti Ghirlanda e Ladaria
Si aggiunge un altro neologismo al vocabolario personale di papa Francesco. «Coca-colizzazione». Il Pontefice l’ha utilizzato ieri nella visita alla Pontificia Università Gregoriana, invitando appunto a non “coca-colizzare” il sapere. «In un’università - ha detto - la visione e la consapevolezza del fine impediscono la coca-colizzazione della ricerca e dell’insegnamento che porterebbe alla coca-colizzazione spirituale. Sono tanti, purtroppo, i discepoli della coca-cola spirituale».
Profondità di sguardo, dunque. Non solo bollicine. Francesco ha unito questa sua riflessione a tante altre notazioni, durante il discorso tenuto nel quadriportico della sede dell’ateneo che deve i suoi natali a sant’Ignazio di Loyola e ancora oggi è affidata alla Compagnia di Gesù. Ad esempio, l’invito «meno cattedre, più tavoli senza gerarchie» o l’esortazione ad adoperare parole, sguardi e pensieri «disarmati» o la sottolineatura della necessità di una dottrina viva e non «prigioniera dentro a un museo», come pure di un insegnamento che sia «atto di misericordia» e mai qualcosa fatto «dall’alto in basso». Non sono mancati infine la messa in guardia dai rischi dell’intelligenza artificiale e l’auspicio di una «teologia della speranza», mentre «il mondo è in fiamme» e «la follia della guerra copre dell’ombra di morte ogni speranza».
Papa Bergoglio è stato salutato al suo arrivo di un lungo applauso e dai saluti del preposito generale della Compagnia di Gesù (oltre che vice gran cancelliere della Gregoriana), padre Arturo Sosa, e del rettore, padre Mark Lewis. Il primo ha fatto notare come «la ricerca scientifica porti alla comprensione più profonda della creazione e contribuisce ad aprire nuovi cammini alla fede che si impegna nella trasformazione della società umana per renderla più giusta, più solidale, e più rispettosa della creazione». Il rettore ha aggiunto che compito della Gregoriana, «università di tanti Papi», rimane sempre quello di «fornire una solida formazione intellettuale ai futuri ministri della Chiesa», con particolare attenzione a dignità umana, «dimensione sociale della fede», cura della casa comune, dialogo ecumenico e relazioni con le altre religioni.
Papa Francesco ha voluto innanzitutto invitare a tenere lo sguardo puntato sull’orizzonte. «Quando si cammina preoccupati solo di non inciampare si finisce per andare a sbattere. Ma vi siete posti la domanda su dove state andando e perché fate le cose che state realizzando? È necessario sapere dove si sta andando, non perdendo di vista l’orizzonte che unisce la strada di ciascuno sul fine attuale e ultimo».
Quindi ha messo l’accento sulla parola cura. «Questo è un luogo - ha ricordato il Pontefice - in cui la missione si dovrebbe esprimere attraverso l’azione formativa, ma mettendoci il cuore. Formare è soprattutto cura delle persone e quindi discreta, preziosa, e delicata azione di carità. Altrimenti l’azione formativa si trasforma in arido intellettualismo o perverso narcisismo, una vera e propria concupiscenza spirituale dove gli altri esistono solo come spettatori plaudenti, scatole da riempire con l’ego di chi insegna». A tal proposito ha raccontato anche l’aneddoto di quel professore che era talmente pieno di sé che alla fine gli studenti gli fecero trovare l’aula vuota e un cartello con su scritto: «Aula occupata dall’Ego smisurato. Nessun posto libero».
In sostanza nell’insegnamento bisogna metterci il cuore. E andare verso l’altro. Per questo il Papa ha anche richiamato la questione dell’IA. «State considerando l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sull’insegnamento, sulla ricerca? Nessun algoritmo potrà sostituire la poesia, l’ironia, e l’amore; e gli studenti hanno bisogno di scoprire la forza della fantasia, del veder germinare l’ispirazione, di prendere contatto con le proprie emozioni, e di sapere esprimere i propri sentimenti».
Infine l’invito a «deporre le armi, mettere l’altro sullo stesso piano, per guardarlo negli occhi, disarmarsi, disarmare i pensieri, disarmare le parole, disarmare gli sguardi e poi essere alla stessa altezza per guardarsi negli occhi. Non c’è un dialogo dall’alto in basso. Solo così l’insegnamento diventa un atto di misericordia». E l’esortazione ad andare incontro agli ultimi, generando «sapienze che non possono nascere da idee astratte concepite solo a tavolino ma che guardino e sentano i travagli della storia concreta e il grido dei poveri».
Nell’Università Gregoriana, che attualmente ha 2.952 studenti - uomini e donne, religiosi e laici - di 121 Paesi, hanno studiato nel corso dei secoli 27 santi, 57 beati e 16 papi. Sono ex studenti dell’ateneo dei gesuiti anche il 36% del collegio cardinalizio e il 24% dei vescovi cattolici nel mondo.
Papa Francesco durante la lectio magistalis nell'ateneo romano della Compagnia di Gesù la Gregoriana - Osservatore Romano