«Chiediamo alla Chiesa locale alcune linee di sobrietà e di comportamento» da suggerire «a quanti intervengono religiosamente sulle nostre montagne». La richiesta è arrivata a rifugi chiusi, alla fine dello scorso settembre, ma non era firmata da un movimento di ambientalisti "arrabbiati" o di agnostici. Era maturata all’interno della Sat (la «Società degli Alpinisti Tridentini», oltre 24 mila soci, affiliata al Cai, il Club alpino italiano), senza spirito "laicista", come sollecitazione a discernere quali segni suggerire o acconsentire dentro «il paesaggio montano, che per un credente è già un inno al creato – aggiungeva il presidente Franco Giacomoni – senza bisogno di tanti orpelli».La perplessità si riferiva ad alcune discutibili iniziative di statue o croci pensate per "illuminare" anniversari religiosi (con annesso impianto fotovoltaico), ma vale anche per i progetti che si mettono sulla carta in questi mesi invernali davanti al caminetto, con l’intenzione e la speranza di poterli attuare nella bella stagione.La Pastorale del Turismo dell’arcidiocesi ha colto al volo l’invito. Prima ringraziando i soci Sat, «sentinelle della montagna», poi citando la valorizzazione dei «segni religiosi» nel 1986 al Sinodo tridentino e il recente appello – al Passo Pordoi, lo scorso primo settembre – a «evitare il sovraccarico di strutture artefatte che provocano forme varie di inquinamento». Infine, indicando alcuni parametri sui quali valutare preventivamente le nuove iniziative: punti concreti che possono orientare altre realtà ecclesiali alle prese con l’"interventismo selvaggio" che «trasforma un ambiente naturale in un luna-park», come teme la Sat.La condizione indispensabile, secondo la nota condivisa dall’arcivescovo di Trento Luigi Bressan, è «l’ascolto primario del messaggio della montagna nella sua spontaneità naturale». Quasi a voler dire che già nel libro della Creazione c’è un’abbondanza di segni eloquenti riecheggiati nei salmi e nella tradizione biblica. Il secondo criterio è «l’adeguamento di eventuali strutture all’ambiente».Non tutto, insomma, sta bene dappertutto: attenti ai materiali, alle tipologie costruttive, all’impatto visivo. Non si può ignorare o cancellare il valore rappresentato storicamente per i locali da quel luogo. Anche nella scelta di targhe o cartelli segnaletici la sobrietà fa la differenza: un sentiero d’alta montagna non va trasformato in un percorso espositivo. Nei testi e nelle immagini – terzo criterio – è opportuno poi puntare «all’autenticità della proposta cristiana», talvolta confusa con messaggi confusi o inadatti. Per fare un esempio, qualche anno fa fiorirono sui monti trentini alcune croci metalliche legate a presunte apparizioni mariane, mai riconosciute: la loro installazione fu frenata da una nota dello stesso arcivescovo di Trento nel luglio 2002 dopo che alcuni parroci l’avevano concessa «probabilmente non essendo al corrente delle disposizioni della Chiesa in merito». Infine, un criterio pastorale, il più disatteso: «Il confronto con le comunità locali interessate ». Singoli e gruppi familiari che si mobilitano in buona fede non possono non coinvolgere nella loro "impresa" le parrocchie: ogni intervento sui monti è un "fatto" ecclesiale, un’azione e un’espressione corale. «L’esperienza ci dice che se la gente del posto non sente come propri e non frequenta luoghi religiosi sui monti, essi sono destinati a perdere il loro ruolo», osserva monsignor Giuseppe Grosselli, il delegato vescovile per il turismo che ha approntato vari sussidi per favorire un rinnovata animazione pastorale di chiesette o croci alpine, anche con guida laicale. Tutto da rifare? No, in Trentino non mancano gli esempi che indicano il cammino giusto. Come il rinnovato sentiero del patrono «San Vili» – senza posa di nuove strutture, valorizzando i segni della fede dei residenti, o la croce voluta dai giovani della parrocchia di Vermiglio ai 2973 metri di cima Redival in val di Sole. O quella del gruppo sportivo «Bela ladinia» issata sulla splendida «Crepa Neigra» sopra Canazei in alta Val di Fassa: rappresenta un segno di unità fra le cinque valli ladine, abbraccia i poveri del mondo, è illuminata di notte sì, ma con l’energia accumulata da un ecologico pannello solare. Una croce in Trentino (foto Gianni Zotta)