Chiesa

La storia. Medaglia d’oro a don Concezio Chiaretti, ucciso dalle SS

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 14 marzo 2025

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Non aveva ancora compiuto 27 anni, il giovane don Concezio Chiaretti, quando il piombo dei carnefici nazisti gli tolse la vita sul Monte Tilia, assieme a 22 suoi concittadini. Era il 7 aprile di ottantuno anni fa. Ma quella storia di altruismo, coraggio e perdono evangelico non è mai stata dimenticata dagli abitanti di Leonessa, borgo montano del Reatino, nel Lazio, di cui era stato parroco. L’hanno custodita e tramandata per decenni, fino ad affidarla al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha chiesto al capo dello Stato di concedere al sacerdote martire un'alta onorificenza. E ieri, su sua proposta, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito la medaglia d’oro al merito civile a don Chiaretti, ritenuto uno «straordinario esempio di virtù civiche e di umana solidarietà, condotte fino all’estremo sacrificio».

Concezio era nato in Canada il 7 luglio 1917 da una famiglia di emigranti partiti da Leonessa. La mamma, Maria Carocci, e il papà, Agostino, manovale iscritto al partito socialista, erano andati oltreoceano in cerca di fortuna. Ma non la trovarono e qualche anno dopo tornarono nella valle del Reatino, assieme al ragazzo. Presero a vivere in via Boccarini, nel centro del paese, sostentandosi con la coltivazione di un piccolo podere e con la paga che Maria riceveva in cambio delle faccende domestiche per un’altra famiglia. Concezio era un bambino buono e don Pio Palla, parroco della chiesetta di San Pietro, lo prese sotto la sua ala protettiva. Lo fece studiare finché venne ammesso al Seminario di Assisi. Don Chiaretti fu ordinato sacerdote il 13 luglio 1941, quando l’Italia era entrata in guerra da un anno e un mese. Ma nel 1942 fu arruolato nella Julia, divisione del corpo degli Alpini, come cappellano militare. Poi gli venne imposta una licenza di convalescenza per le cattive condizioni di salute. Tornato a casa, si legge nella motivazione della medaglia, «durante l’occupazione tedesca si prodigò per difendere la popolazione del Comune di Leonessa e portarle soccorso». Un prete e insieme un buon samaritano, sempre pronto ad aiutare il prossimo.

Ma i nazisti, come in altri luoghi d’Italia, se la presero con gli abitanti del borgo. Ancora una volta, come il Buon Pastore, don Concezio non abbandonò le sue pecorelle. E, prosegue il testo della motivazione, «dopo aver tentato invano di dialogare coi tedeschi per scongiurare ulteriori eventi tragici, nel Venerdì Santo del 1944, mentre era in fila per essere fucilato assieme ad altri compagni, li confortava». E, «dopo essersi inginocchiato e aver invocato il perdono per i carnefici, veniva barbaramente trucidato da un plotone delle SS». Era giovane, ma dimostrò un coraggio e una dignità che ancora oggi i suoi compaesani ricordano. «L’alta onorificenza è una bellissima notizia che riempie di orgoglio ogni appartenente alla comunità di Leonessa e dell’intero Reatino - osserva commosso Paolo Trancassini, deputato di Fdi, che aveva riferito dell’eccidio del ‘44 al ministro dell’Interno -, perché il riconoscimento va a un uomo che per tutti noi, a distanza di tanti anni, rappresenta una figura simbolica e un luminoso esempio di fede, generosità e coraggio».