Chiesa

Lutto. Addio al vescovo Biguzzi, voce contro i "diamanti insanguinati" in Sierra Leone

Laura Caffagnini lunedì 1 luglio 2024

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Una fede basata sulla roccia e aperta ai segni dei tempi. Questo è stato il perno della vita di padre Giorgio Biguzzi, missionario saveriano, vescovo emerito di Makeni, che si è consegnato serenamente a Dio nell’aurora del 1° luglio all'età di 88 anni. Come desiderava, sarà sepolto in Sierra Leone accanto a monsignor Augusto Azzolini, primo vescovo della diocesi fondata nel 1962 dai saveriani.

Da una settimana all’ospedale di Parma dopo due mesi trascorsi nella Casa madre della Congregazione, monsignor Biguzzi aveva lasciato la comunità saveriana di San Pietro in Vincoli nel Ravennate, nella quale viveva, a causa dell’aggravamento della sua malattia. Nato a Calisese (Cesena) il 4 febbraio 1936, nel 1957 aveva lasciato il Seminario regionale per il noviziato tra i saveriani, sfociato nel 1960 nell’ordinazione presbiterale. Stati Uniti, Repubblica democratica del Congo, Brescia furono mete temporanee, mentre la missione della sua vita è stata la Sierra Leone, paese a maggioranza musulmana dove i saveriani sono stati accolti calorosamente e hanno seminato il Vangelo in parole e opere. Biguzzi vi arrivò alla fine del 1974 e dal 1987 al 2012 ha retto la diocesi di Makeni.

«Padre Giorgio era una persona gioiosa – ricorda l’amata sorella Adele –; guardava avanti e incoraggiava a non indietreggiare di fronte ai problemi. Parlavamo di tutto: dalla nostra vita familiare alla liturgia agli avvenimenti ecclesiali e politici. Non temeva le novità che si profilavano per la Chiesa. Accoglieva le sfide di oggi».

Makeni è stata sempre nel suo cuore. «Amava tanto il suo popolo. Quando tornava in Italia coinvolgeva persone e gruppi nel trovare aiuti di ogni genere da donare». L’attività dei saveriani in Sierra Leone si è articolata nella creazione di cappelle, scuole e nell’assistenza sanitaria. In particolare, Giorgio Biguzzi, mente acuta e fine che decodificava i processi culturali in atto nel mondo, promosse la nascita dell’Università cattolica, operò nella mediazione nei conflitti e nella riabilitazione dei bambini soldato che nel 2000 portò in piazza San Pietro. Parlò e scrisse lucidamente sull’orrore della “guerra dei diamanti” e sulla corruzione. È stato un uomo di relazioni anche con cristiani e cristiane di altre Chiese e fedi. Come membro del Consiglio interreligioso sierraleonese, ha seguito le trattative per l’accordo di pace tra il presidente Ahmed Tejan Kabbah e il leader RUF (Fronte unito rivoluzionario) Fodai Sankoh, e per questo nel 1999 è stato insignito del Premio Cuore amico. Per la sua autorevolezza ha giocato un ruolo determinante anche nella liberazione delle Missionarie di Maria rapite dai ribelli nel 1995; lui stesso fu assalito e detenuto per alcuni giorni.

Nel 2023, già costretto alla carrozzina, tornò a Makeni – «è una pazzia, ma vado» disse – per intervenire alla consacrazione di Bob John Hassan Koroma, primo vescovo sierraleonese dopo un sessantennio di vescovi ordinari provienienti dalle fila dei saveriani. Da lui monsignor Biguzzi è stato visitato pochi giorni fa in un abbraccio fraterno. «È stato un momento commovente – conclude Adele che vegliava accanto al fratello –. L’ultimo passaggio di testimone».