Il viaggio del Papa. «Il pellegrinaggio di Francesco vento di pace per tutto l'Iraq»
I giovani di Qaraqosh con un ritratto di papa Francesco per le vie della città
Suor Hayt, dominicana, con l’inconfondibile tunica bianca e il velo nero è sul palco a guidare le coreografie. È una festa di canti e danze ritmati che scandisce un lungo pomeriggio a Qaraqosh. «Viva il Papa, habibi. Viva il Papa, nostro amato!» è lo slogan più ricorrente nel salone per le feste di matrimonio ieri gremito da circa un migliaio di giovani. Le mascherine sul viso e le distanze rispettate, ma la festa dei giovani della Piana di Ninive – più di 30mila i contatti sulla diretta Facebook – non può essere rimandata nella struttura poco distante dalla chiesa di San Banam e Sara, ricostruita dopo il 2017 quando è iniziato il rientro dei cristiani a Qaraqosh.
Dopo il saluto dell’arcivescovo siro-cattolico Boutros Moshe, è l’arcivescovo di Mosul Najb Mikhael Moussa a prendere la parola: «Qui ci sono le nostre radici cristiane che rendono importante la vista di papa Francesco, una visita attesa anche dalle altre religioni e dalle differenti etnie dell’Iraq» spiega il vescovo domenicano, studioso degli antichi manoscritti di queste antichissime Chiese orientali. La visita di papa Bergoglio è un invito a riscoprire «l’appartenenza alla Chiesa: un momento decisivo per le famiglie, e per voi giovani per scoprire la vostra vocazione», prosegue l’arcivescovo di Mosul, capoluogo distrutto nei tre anni di occupazione del Califfato e in cui sinora sono tornate solo una cinquantina di famiglie cristiane.
Il conto alla rovescia per l’arrivo di Papa Francesco è iniziato: il via con una processione per le vie di Qaraqosh, simbolo della ricostruzione dopo essere stata distrutta dal 2014 al 2017 delle furie nere del Daesh. Dal 5 all’8 marzo sarà la prima volta del successore di Pietro nelle comunità cristiane dove si prega ancora in aramaico: il pellegrinaggio di fratellanza sarà «come un vento di pace dal Nord al Sud, come una Pentecoste di fraternità per tutto l’Iraq», conclude l’arcivescovo di Mosul.