Medio Oriente. Gaza e il «genocidio»: le parole del Papa, la risposta di Israele
Il Papa ieri in San Pietro
Il fenomeno migratorio, l’emergenza climatica, il dovere di ascoltare i giovani, il dialogo tra le generazioni, i tragici conflitti che insanguinano il mondo. Sono tanti i temi che il Papa affronta nel libro, in uscita per il Giubileo 2025 “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore” (Edizione Piemme) a cura di Hernan Reyes Alcaide di cui La Stampa ha pubblicato alcune anticipazioni. In particolare, parlando della crisi mediorientale Francesco evidenzia che «a detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se si inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali».
Parole, quelle del Papa, che vengono contestate dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. In una breve nota pubblicata su X la rappresentanza diplomatica dello Stato ebraico osserva che «il 7 ottobre 2023 c’è stato un massacro genocida di cittadini israeliani e da allora Israele ha esercitato il proprio diritto di autodifesa contro i tentativi provenienti da sette diversi fronti di uccidere i suoi cittadini. Qualsiasi tentativo – prosegue il post - di chiamare questa autodifesa con qualsiasi altro nome significa isolare lo Stato ebraico». Di segno opposto la reazione palestinese. «Abbiamo sempre ringraziato Sua Santità per il riconoscimento del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e alla creazione del suo stato libero ed indipendente - dice Yousef Salman presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio - Papa Francesco, ha sempre espresso preoccupazione per la lunga sofferenza del popolo palestinese e le atrocità del Medio Oriente, invitando al rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite e della legalità Internazionale».
Come si diceva nel libro Francesco si occupa di molti altri temi.
Migrazioni, affrontare le cause
A proposito del fenomeno migratorio, il Pontefice ribadisce come sia «assolutamente necessario affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni» promuovendo nelle aree colpite dall’instabilità e dalle ingiustizie più gravi sia dia spazio a uno sviluppo autentico. Poi, quando le persone bussano alle nostre porte, aggiunge, l’attenzione nei loro confronti va articolata secondo la formula più volte indicata dell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare. «Dobbiamo coinvolgere – osserva il Pontefice nell’anticipazione - i Paesi d'origine dei maggiori flussi migratori in un nuovo ciclo virtuoso di crescita economica e di pace che includa l'intero pianeta. Affinché la migrazione sia una decisione veramente libera, è necessario prodigarsi per garantire a tutti una partecipazione equitativa al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l'accesso allo sviluppo umano integrale. Solo se questa piattaforma basilare verrà garantita in tutte le nazioni del mondo potremo dire che chi migra lo fa liberamente e potremo pensare a una soluzione davvero globale del problema».
«Seguo da vicino le proteste dei giovani per il clima»
Perentorio anche l'intervento sulla salvagurdia del creato. «Ho seguito da vicino - scrive il Papa - le massicce mobilitazioni degli studenti in diverse città e conosco alcune azioni con cui si battono per un mondo più giusto e attento alla salvaguardia dell'ambiente. Agiscono con preoccupazione, entusiasmo e, soprattutto, con senso di responsabilità verso l'urgente cambio di rotta che ci viene imposto dalle problematiche derivate dall'attuale crisi etica e socio-ambientale». Occorre infatti agire senza più ritardi. «Il tempo - denuncia Francesco - sta per scadere, non ce ne resta molto per salvare il pianeta e loro vanno, escono e si fanno valere. E non lo fanno solo per se stessi, lo fanno per noi e per chi verrà dopo. Ci sono diversi esempi di come questo dialogo intergenerazionale può sfociare in un'alleanza applicata alla cura della casa comune. Penso - prosegue il Papa - ad alcuni progetti che si preoccupano di trasmettere il patrimonio di conoscenze e i valori della produzione alimentare locale che possedevano i nostri nonni, allo scopo di applicarli con l'aiuto dei mezzi di cui oggi disponiamo per fare passi avanti nella difesa e promozione della biodiversità alimentare. Li anima il desiderio di ritornare alla terra e di coltivarla, senza sfruttarla, con tecniche e metodi del tutto ecologici. In un mondo sempre più frenetico e "usa e getta", queste iniziative aiutano le persone a non perdere il legame con il cibo e con le tradizioni locali a esso collegate».