L'attesa. «Il Papa in Egitto, risposta all'estremismo e all'odio»
Quella di papa Francesco è una visita storica perché manda un messaggio inequivocabile all’umanità intera: l’alternativa al dialogo interreligioso è il linguaggio della violenza. A sostenerlo è Mohieddin Afifi Ahmad, segretario generale dell’Accademia delle ricerche islamiche (Aira), l’ente di al-Azhar incaricato – come indica il sito dell’istituzione sunnita più prestigiosa al mondo – «di rinnovare il discorso islamico attraverso l’eliminazione dei concetti errati e dei residui dell’estremismo intellettuale e politico».
Afifi aveva partecipato alla visita in Vaticano del grande imam di al-Azhar, avvenuta nel maggio 2016, poi ancora al seminario congiunto tra il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e al-Azhar, tenutosi al Cairo nel febbraio scorso, sul tema della “lotta al fenomeno del fanatismo, estremismo e violenza in nome della religione”. «Gli egiziani – dice Afifi – hanno apprezzato molto la determinazione di papa Francesco a compiere questo viaggio nonostante i recenti attentati contro i luoghi di culto copti. Ricevendo il Papa, noi salutiamo un uomo di grande saggezza e lungimiranza che ha permesso la ripresa del dialogo tra la Santa Sede e al-Azhar».
Afifi ammette che ci vorranno ulteriori sforzi per contrastare la violenza in nome della religione, ma assicura che al-Azhar è già all’opera. «Le odiose azioni compiute in nome dell’islam – afferma – diffamano enormemente la nostra religione. Abbiamo certamente bisogno di andare avanti sulla via della purificazione dell’islam da quei concetti errati e da certe ideologie che hanno sfruttato il vuoto intellettuale per ingannare molti giovani». Afifi difende il ruolo di al-Azhar come paladino della cosiddetta wasatiyya, ossia la via mediana o del giusto mezzo, che vorrebbe adattare l’atteggiamento del fedele musulmano alle cangianti situazioni storiche e ambientali, in modo da evitare gli estremismi e il dogmatismo.
«Al-Azhar – spiega – ha rappresentato per oltre dieci secoli un faro di conoscenza, giocando un ruolo illuministico nella formazione dell’interiorità islamica sia dal punto di vista dottrinale che intellettuale. Screditare al-Azhar significa quindi misconoscere la sua istruzione di intere generazioni, ma anche distruggere il contributo dell’Egitto alla civiltà mondiale. Permetterebbe, soprattutto, alle correnti estremiste di occupare l’eventuale vuoto». Per l’ex rettore di due facoltà di al-Azhar, il significato ultimo del viaggio di Francesco è assai chiaro. «La presenza del Papa, massimo rappresentante della Chiesa cattolica, accanto al nostro grande imam, massimo rappresentante dell’islam, è un eccellente invito a ai fedeli delle due grandi religioni, ma anche a tutte le religioni, ad adoperarsi insieme per sconfessare la logica dell’estremismo e dell’odio per promuovere la cultura dell’amore e della misericordia. L’alternativa al dialogo è la violenza».
Chiediamo ad Afifi se questo senso della visita sia evidente per tutti, alla luce di alcuni commenti islamici che considerano ogni approccio interreligioso una forma subdola di “proselitismo” cattolico. «Quelle voci – risponde – rimangono isolate e rappresentano solo se stesse. La nostra azione è tutta concentrata oggi sulla confutazione di alcuni concetti distorti dai gruppi estremisti, come quelli di califfato e di jihad, per rimettere al centro l’uomo e i suoi diritti fondamentali».
Un esempio di questo rinnovato impegno? «Gli interventi del grande imam in cui insiste sulla necessità di preservare il pluralismo nella società egiziana, e la piena cittadinanza per tutti. La settimana scorsa, abbiamo lanciato un’iniziativa a livello nazionale, denominata “Rispettare l’essere umano” che mira a illustrare in tutti i luoghi di predicazione l’importanza di rispettare la libertà individuale in materia di credo religioso e di pensiero. Nessun uomo, infatti, deve subire pressioni oppure sentirsi minacciato di scomunica ( takfir, ndr) per indurlo ad abbracciare una fede o un’ideologia precisa».