Vangelo e devozione. Da sant'Agostino a Wojtyla la preghiera nel tempo di Natale
Il presepe e l'albero di Natale in Piazza San Pietro
Natale suscita sempre commozione, tenerezza e gratitudine. Sentimenti che negli animi religiosi più sensibili diventano preghiera. Tante quelle composte da maestri dello spirito e grandi testimoni della fede davanti al presepe o leggendo i Vangeli dell’infanzia. Come Efrem il Siro (306-373), santo dottore della Chiesa noto anche come finissimo poeta, che in questo celebre inno riflette sulle suggestioni offerte dalla notte santa.
«Questa è notte di riconciliazione,
non vi sia chi è adirato o rabbuiato.
In questa notte, che tutto acquieta,
non vi sia chi minaccia o strepita.
Questa è la notte del Mite,
nessuno sia amaro o duro.
In questa notte dell’Umile
non vi sia altezzoso o borioso.
In questo giorno di perdono
non vendichiamo le offese.
In questo giorno di gioie
non distribuiamo dolori.
In questo giorno mite
non siamo violenti.
In questo giorno quieto
non siamo irritabili.
In questo giorno della venuta
di Dio presso i peccatori,
non si esalti, nella propria mente,
il giusto sul peccatore.
In questo giorno della venuta
del Signore dell’universo presso i servi,
anche i signori si chinino
amorevolmente verso i propri servi.
In questo giorno,
nel quale si è fatto povero per noi il Ricco
anche il ricco renda partecipe il povero della sua tavola.
Oggi si è impressa
La divinità nell’umanità,
affinché anche l’umanità
fosse intagliata nel sigillo della divinità».
Il Papa davanti al presepe nall'Aula Paolo VI - Siciliani
Natale, si dice, è soprattutto la festa dei bambini, che incantano con il loro stupore. Non tutti i piccoli però hanno però avuto la fortuna di poter dedicare il 25 dicembre all’apertura dei pacchi, allo scambio dei doni. Tanti, troppi, sono vittime della guerra e della solitudine, costretti a rinunciare all’infanzia per diventare “grandi” prima del tempo. San Giovanni Paolo II pregò così per loro nel Messaggio Urbi et orbi del Natale 1994.
«Asciuga, Bambino Gesù,
le lacrime dei fanciulli!
Accarezza il malato e l’anziano!
Spingi gli uomini a deporre le armi
e a stringersi in un universale abbraccio di pace!
Invita i popoli, misericordioso Gesù,
ad abbattere i muri creati
dalla miseria e dalla disoccupazione
dall'ignoranza e dall'indifferenza,
dalla discriminazione e dall'intolleranza.
Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme,
che ci salvi, liberandoci dal peccato.
Sei Tu il vero ed unico Salvatore,
che l'umanità spesso cerca a tentoni.
Dio della pace, dono di pace per l'intera umanità,
vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.
Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen!».
La statuina dell'angelo non può mancare nel presepe - Siciliani
Si diceva che il Tempo di Natale (che termina con la festa del Battesimo di Gesù, quest'anno il 12 gennaio) ha, spesso, sollecitato i poeti. Tra di loro Umberto Saba (1883-1957), autore di questa “A Gesù Bambino”.
«La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a te, Santo Bambino!
Tu, Re dell'universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa' ch'io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa' che il tuo dono
s'accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel tuo nome».
La Natività esposta nella riaperta Cattedrale di Notre-Dame a Parigi - Fotogramma
I mistici hanno una capacità particolare di cogliere la profondità del messaggio natalizio. Molto significativa in questo senso la riflessione, imperniata sull’importanza dell’ascolto, di padre René Voillaume (1905-2003) monaco francese la cui vita è stata ispirata a Charles De Foucauld, a partire dal cui insegnamento Voillaume fondò le Congregazioni dei Piccoli fratelli del Vangelo e delle Piccole sorelle del Vangelo.
«Se c’è un momento dell’anno in cui dobbiamo farci piccoli, restare silenziosi e stare in ascolto del silenzio attraverso cui il Signore ci parla è proprio durante questa notte della Natività in cui – soli tra gli uomini viventi sulla terra – i pastori di Betlemme vegliavano i loro greggi e sentirono l’annuncio del messaggio di salvezza. Un Salvatore è nato, piccolo, debole e soltanto i pastori erano, forse, nelle disposizioni richieste per aver la semplicità di mettersi alla ricerca di un neonato la cui qualità di Messia era indicata solo dal segno della sua povertà e delle sue fasce, situazione condivisa dalla maggioranza dei bimbi che nascono quotidianamente nel mondo! Essi credettero con la semplicità del loro cuore. Che voi possiate aver ascoltato e capito ciò che il Signore aveva da dirvi in quest’anniversario della sua nascita!».
Anche sant’Agostino (354-430), com’è ovvio, ha riflettuto spesso sul significato del Natale. In questo passaggio, tratto dal Discorso 188, si fa interrogare dall’umiltà.
«Osserva, uomo, che cosa è diventato per te Dio: sappi accogliere l'insegnamento di tanta umiltà, anche in un maestro che ancora non parla. Tu una volta, nel paradiso terrestre, fosti così loquace da imporre il nome ad ogni essere vivente (Cf. Gn 2, 19-20); il tuo Creatore invece per te giaceva bambino in una mangiatoia e non chiamava per nome neanche sua madre. Tu in un vastissimo giardino ricco di alberi da frutta ti sei perduto perché non hai voluto obbedire; lui per obbedienza è venuto come creatura mortale in un angustissimo riparo, perché morendo ritrovasse te che eri morto. Tu che eri uomo hai voluto diventare Dio e così sei morto (Cf. Gn 3); lui che era Dio volle diventare uomo per ritrovare colui che era morto. La superbia umana ti ha tanto schiacciato che poteva sollevarti soltanto l'umiltà divina».
Scene di vita quotidiana in un presepe - Imagoeconomica
Lo spirito del Natale però non può esaurirsi con il 25 dicembre. Deve diventare attenzione quotidiana agli altri, soprattutto ai più piccoli e fragili. Lo chiedono tanti testimoni della fede e maestri dello spirito. Tra di loro Madeleine Delbrel (1904-1964), autrice nel 1949 della riflessione poetica “Non c’era posto nell’albergo”.
«Non c’era posto nell’albergo
per la mamma del Dio bambino,
del Dio piccolo,
del Dio poveretto.
L’albergo era chiuso.
E da quel giorno
gli uomini hanno compreso
che dietro le porte chiuse
il Signore attende di essere accolto.
E colui che vuole lasciare
ben aperta la sua porta
potrà riceverlo
sotto l’umile sacramento
dei volti degli uomini,
i volti lavati dalle lacrime
i volti sporchi,
sotto l’umile sacramento
di chi è senza grazia.
Chi sa costruire,
agli incroci del mondo,
alberghi senza costi e senza registri
vede l’estraneo, lo straniero, diventare fratello
e il Verbo farsi carne
ed abitare in mezzo ai suoi».
Natale 1949