Chiesa

Il mondo gitano dal Papa sulle orme di Paolo VI

Giorgio Bernardelli lunedì 26 ottobre 2015
Sono arrivati in cinquemila a Roma: rom e sinti, ma anche gruppi in rappresentanza delle altre comunità gitane d’Europa, Asia e America. Insieme per il grande pellegrinaggio internazionale dei gitani che il Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti ha organizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della visita di Paolo VI all’accampamento di Pomezia.È un pellegrinaggio scandito da tre momenti molto forti quello in corso a Roma: la Via Crucis al Colosseo, ieri al tramonto, che è stata guidata dal cardinale vicario Agostino Vallini. La Messa al Santuario del Divino Amore - oggi -, presieduta dal cardinale Agostino Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti. E poi domani mattina, proprio nell’Aula intitolata a Paolo VI in Vaticano, l’incontro con papa Francesco.C’è grande attesa per le parole che Bergoglio pronuncerà davanti a queste genti che si accampano per definizione nelle periferie del mondo di oggi. I censimenti vanno sempre presi con le molle, ma le stime ufficiali parlano di 36 milioni di gitani nel mondo, di cui tra i 10 e i 12 in Europa. Ma - al di là delle questione sociali - il pellegrinaggio è l’occasione per accendere i riflettori su una Chiesa che cammina con loro non solo per chinarsi sulle loro ferite, ma anche per lasciarsi evangelizzare dalla loro fede. Sono ben 24 le Conferenze episcopali che nel mondo hanno una presenza pastorale strutturata tra le comunità gitane. Comunità che - sottolinea il Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti nella nota che presenta il pellegrinaggio - hanno fatto registrare in questi anni anche numerose vocazioni alla vita religiosa. E che oltre a un beato - Zeffirino Giménez Malla, figlio di nomadi, proclamato da Benedetto XVI "martire del Rosario" - contano anche altre due figure per cui è in corso il processo di beatificazione: Emilia Fernández Rodríguez e Juan Ramón Gil Torres, entrambi morti durante la persecuzione anticristiana della guerra civile spagnola, che non risparmiò la devozione popolare degli zingari.Una Chiesa nomade con i nomadi, dunque, che in questi cinquant’anni ha messo in pratica le storiche parole pronunciate da Paolo VI il 26 settembre 1965 nel fango del campo di Pomezia. «Voi – disse agli zingari quel giorno Montini – nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al cento, voi siete nel cuore. Siete nel cuore della Chiesa, perché siete poveri e bisognosi di assistenza, di istruzione, di aiuto; la Chiesa ama i poveri, i sofferenti, i piccoli, i diseredati, gli abbandonati».Quel giorno Paolo VI non mancò di ricordare le persecuzioni subite dai gitani (fresco nella memoria era lo sterminio nazista), i pregiudizi, le incomprensioni. Ma non mancò di additare anche alle comunità nomadi una strada per un incontro fraterno: «Come voi gradite trovare ristoro e ospitalità gentile, dove vi accampate – disse –, così voi dovrete procurare di lasciare ad ogni tappa un ricordo buono e simpatico: che la vostra strada sia disseminata da esempi di bontà, di onestà, di rispetto». Molta strada resta ancora da percorrere; ma in questo cammino la nuova sosta a Roma può diventare un’altra tappa molto importante.