Coronavirus. Il lungo calvario delle suore italiane. Decine di decessi nelle comunità
Una prova drammatica, un calvario che pare non aver fine. Il Covid-19 sta colpendo duramente anche le congregazioni femminili attive in Italia, con numeri ancora difficili da ricostruire ma con alcuni fattori ricorrenti tra le nostre suore, che si sono rivelati fattore di vulnerabilità: l’età avanzata, malattie precedenti, la vita comunitaria in case di riposo e cura a loro destinate dalle stesse congregazioni, oppure esterne, dove è divampato il contagio.
Dall’inizio della pandemia i casi più impressionanti di decessi sono le 13 Poverelle dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, le 8 missionarie Comboniane nella loro Casa di Bergamo, le 7 suore Operaie della Santa Casa di Nazareth a Botticino, nel Bresciano, le 6 Orionine di Tortona, le 6 Maestre di Santa Dorotea a Castell’Arquato, nel Piacentino, le 5 Figlie della Sapienza a Sanremo, le 4 Francescane Missionarie di Maria a Porano ( Terni), le 2 Adoratrici del Santissimo Sacramento a Rivolta d’Adda, nel Cremonese, più svariati casi singoli in diversi luoghi.
A fine marzo la diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia ha pianto la scomparsa di suor Emilia Scaperrotta dell’Istituto del “Conservatorio delle Suore di San Francesco Saverio” di Ariano Irpino (Avellino). Era direttrice della Scuola paritaria dello stesso Istituto e superiora della Casa Madre. «Una religiosa una religiosa che ha servito ed amato la nostra Diocesi», commenta il vescovo Sergio Melillo nel darci la notizia.
La Diocesi di Ravenna-Cervia ha dato l’addio il 20 aprile a suor Maddalena del Sacro Cuore di Gesù, Carmelitana del Monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Era arrivata nel Carmelo di Ravenna nel 1954, a 19 anni. «Dalla sacrestia, alla cura dei fiori, dal servizio agli ospiti allo stiro di tovaglie e lini sacri per tantissime parrocchie – racconta suor Anastasia di Gerusalemme, già superiora del monastero -: sono tanti i modi in cui serviva la sua Chiesa. Aveva una fede semplice ma profondissima, e una grande passione per la sua vocazione. Negli ultimi anni la sua preghiera si era caratterizzata per l’intercessione per i sacerdoti». Era stata ricoverata il Sabato Santo.
Impressionano i casi nei quali si registrano numerosi decessi nella stessa casa religiosa, dolorose vicende di morti per contagio che spengono improvvismente una vita per gli altri radicata in comunità religiose divenute focolaio del virus.
Si chiamavano suor Alessandra Tribbiani, suor Matilde Marangoni, suor Egidia Gusmeroli, suor Antonietta Sironi e suor Crocifissa Bordin, tutte Suore Infermiere dell’Addolorata di Como, da 150 anni cuore e anima dell’Ospedale Valduce. Vittime, anche loro, del Covid-19. Altre sei hanno contratto il virus nell’impegno in corsia: due sono ricoverate in terapia intensiva.
La madre superiora, suor Emanuela Bianchini, guarda all’esempio della fondatrice, la beata Giovannina Franchi, che nella Como di metà ‘800 assisteva poveri, ammalati e appestati. Sono 7, tutte anziane (dagli 82 ai 103 anni) le Domenicane della Beata Imelda (più note come Imeldine) decedute negli ultimi giorni a Bologna a causa del virus, tutte della stessa comunità di Villa Pace, sui colli, «che costituisce per noi una casa di riposo per le consorelle anziane e malate » spiega suor Enrica, priora per la Provincia religiosa di San Domenico (Italia e Albania).
«Il contagio è arrivato quasi sicuramente dall’esterno, in modo del tutto involontario – aggiunge –: forse da qualcuno che è venuto in visita, forse dal personale laico. Abbiamo cominciato ad avere alcune suore con febbre e malessere a fine marzo, e subito abbiamo avvertito l’Ausl che è intervenuta e ha eseguito i tamponi: una quindicina di suore sono risultate positive. Poi il 6 aprile sette di loro sono state ricoverate e purtroppo sono morte. Anche un’altra suora anziana è deceduta, ma per cause diverse». Ora la situazione è sotto controllo. «Abbiamo 10 suore ancora positive ma stanno meglio – chiarisce suor Enrica –, sono monitorate dall’Ausl e in isolamento ciascuna nella propria camera. Una è ancora ricoverata ed è stata anche in terapia intensiva, ma sta migliorando. Le altre 30 suore che fanno parte della comunità di Villa Pace sono tutte in quarantena nelle loro stanze». Suor Enrica, molto addolorata, spiega però di aver «potuto dare almeno l’ultimo saluto alle mie consorelle: ho partecipato alla benedizione impartita alle bare nel cimitero della Certosa, prima che le salme fossero sepolte, alcune qui a Bologna, altre nei luoghi di origine».
(Per segnalare altri casi: f.ognibene@ avvenire.it)
Hanno collaborato Enrica Lattanzi e Chiara Unguendoli