Chiesa

Celebrazione. Papa Francesco alla chiesa dei gesuiti nel «giorno dei cinque santi»

Enrico Lenzi e Filippo Rizzi sabato 12 marzo 2022

Dipinto nel convento di Toro (Cb) con i cinque santi canonizzati insieme nel 1622 (particolare)

Con i suoi confratelli geuiti, assieme a carmelitani e oratoriani, papa Francesco ha voluto celebrare i 400 anni della canonizzazione di Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa d’Avila, Filippo Neri e Isidoro. Oggi alle 17 nella chiesa madre della Compagnia di Gesù – il “Gesù all’Argentina” a Roma il Papa ha presenziato alla Messa per ricordare questo importante anniversario (1622-2022).

Papa Francesco: la preghiera può cambiare il mondo

(Enrico Lenzi) Attenti a «una fede statica, parcheggiata», capace di «narcotizzare l’anima», tanto da «chiudere gli occhi sulle realtà e girarsi dall’altra parte». Papa Francesco torna a sollecitare tutti ad «accorgersi delle piaghe dei fratelli, le fatiche dell’umanità, i segni dei tempi». Fatiche e segni che diventano persone, come le tre donne profughe che al termine della Messa nella chiesa del Gesù, gli hanno offerto dei doni a nome di quanti hanno trovato aiuto e riparo nel Centro Astalli, realtà di accoglienza legata ai gesuiti.

Il Papa ha presenziato alla celebrazione (restando per la gran parte della Messa seduto sul lato destro del presbiterio guardando l’altare maggiore), che è stata presieduta dal preposito della Compagnia di Gesù Arturo Sosa Abascal, ma ha pronunciato l’omelia che è partita dal brano evangelico della Trasfigurazione.

«Sono quattro le azioni che Gesù compie – ha sottolineato il Papa –: prende con sè Pietro, Giacomo e Giovanni; sale sul monte; prega; e infine resta da solo». Quattro verbi, quattro gesti «nei quali possiamo trovare indicazioni per il nostro cammino». Ecco che dobbiamo ricordare che a «prenderci» è il Signore, e che lo fa «in comunità, nella Chiesa».

La salita «ci ricorda che il nostro cammino è faticoso» tanto che appunto si rischia di avere «una fede statica», che «ci fa stare fermi, passivi, quasi anestetizzati dal clima consumistico e individualistico di oggi». Anche sul pregare vi sono rischi, avverte il Papa: «Ci farà bene domandarci se la preghiera ci immerge in questa trasformazione; se getta una luce nuova sulle persone e trasfigura le situazioni». Insomma se davvero crediamo che la preghiera può cambiare il mondo. Vi è infine il «restare solo di Cristo», che simboleggia «il tornare all’essenziale» sconfiggendo così la tentazione «di far diventare primari tanti bisogni secondari».

Al termine della Messa, il preposito dei gesuiti padre Sosa Abascal ha ringrazio il Papa per la sua presenza alla Messa, presentandogli un gruppo di profughi seguiti appunto dal Centro Astalli.

I giganti della Riforma cattolica e Isidoro

(Filippo Rizzi) Era il 12 marzo di quattrocento anni fa quando nella Basilica di San Pietro venivano proclamati santi da papa Gregorio XV i quattro giganti della Riforma cattolica e figli spirituali del Concilio di Trento: i gesuiti Ignazio di Loyola (1491-1556)e Francesco Saverio (1506-1552), la carmelitana scalza Teresa d’Avila (1515-1582), l’oratoriano Filippo Neri (1515-1595).

Insieme a loro, nello stesso giorno, veniva canonizzato anche Isidoro “l’agricoltore”, laico vissuto tra il 1070 e il 1130.

La celebrazione avviene in un luogo di culto molto simbolico dove riposano le spoglie mortali di Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti. E sempre qui su un lato della chiesa è custodito, in un reliquiario, il braccio destro di Francesco Saverio, il patrono delle missioni cattoliche.

Con il papa Francesco tra i concelebranti anche l’arcivescovo di Madrid – città di cui proprio san Isidoro è patrono – il cardinale Carlos Osoro Sierra.

«Sarà per tutti noi un momento di grazia – spiega prima della celebrazione lo spagnolo padre Pascual Cebollada, postulatore delle cause dei santi della Compagnia di Gesù – perché alla Messa saranno presenti tutte le Famiglie religiose che sono sorte dal carisma di questi giganti della fede: noi gesuiti, i carmelitani scalzi figli della riforma teresiana ma anche quelli di antica osservanza, e gli oratoriani».

Assieme al preposito della Compagnia di Gesù, il venezuelano Arturo Sosa Abascal, principale ideatore dell’appuntamento, a rappresentare gli altri Ordini religiosi ci saranno padre Marco Guillen, delegato della Sede apostolica per la Confederazione dell’Oratorio, il preposito generale dei carmelitani scalzi, lo spagnolo Miguel Marquez Call, e il priore generale dell’Ordine dei fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, Míceál O’Neill. «Sarà per noi l’occasione per tornare con la mente a quella canonizzazione del 1622 fatta da un papa Gregorio XV molto vicino alle istanze innovatrici portate avanti da questi grandi figure che hanno cambiato la storia della Chiesa – spiega ancora padre Cebollada –. E poi a colpire sono i tanti punti di incontro di questi santi tra loro, quasi un filo rosso di stima e di amicizia. Basti pensare a quella intercorsa tra il severo e austero basco Ignazio e il fiorentino e sempre gioioso Filippo Neri, chiamato dai romani “Pippo buono” e compatrono di Roma». Il gesuita osserva ancora un particolare: «Mi viene in mente, per esempio, come Teresa d’Avila, mistica e dottore della Chiesa, per tanti anni si sia avvalsa della direzione spirituale di tanti padri gesuiti, formatisi ai tempi di Ignazio».

Un appuntamento quello di oggi con un suo incipit molto originale. «Abbiamo voluto che prima dell’arrivo del Papa fossero letti in italiano e spagnolo alcuni testi scritti dai cinque santi canonizzati nel 1622». All’evento presenti molte associazioni laiche nate e suscitate dagli insegnamenti di queste figure monumentali della Controriforma. «Per esempio noi gesuiti – racconta ancora Cebollada – abbiamo voluto che partecipassero anche alcune persone che si impegnano con noi nelle nostre priorità apostoliche: come l’annuncio della fede ai giovani, la spiritualità ignaziana e l’attenzione ai rifugiati».

Domani non distante dal “Gesù di Roma” si terrà una Messa nella chiesa di Santa Maria in Valicella alle 19 dove riposano le spoglie mortali di san Filippo Neri. «Sarà un momento di ringraziamento e di agape fraterna – racconta il postulatore generale della Confederazione dell’Oratorio di san Filippo Neri, padre Mauro De Gioia – che vogliamo vivere assieme ai gesuiti e ai carmelitani. Un segno di gratitudine comune per quanto i nostri fondatori hanno inciso nella trama delle nostre vite».

In parallelo alla celebrazione romana l’arcidiocesi di Genova ricorda oggi la canonizzazione dei santi della Controriforma con un’Eucaristia presieduta dall’arcivescovo di Genova, il francescano conventuale Marco Tasca. La liturgia alle 18.30 nella chiesa del Gesù.

Il dipinto nel convento di Toro (Cb) con i cinque santi canonizzati insieme nel 1622, nella sua interezza - archivio