Chiesa

Cagliari. Un cammino sinodale anche per i detenuti (che scrivono ai Turetta)

Mario Girau giovedì 22 agosto 2024

La casa circondariale di Cagliari Uta

«Ha partecipato al cammino sinodale svolto all’interno del carcere». Forse è l’ordinanza di scarcerazione più originale che un magistrato abbia mai scritto per aprire le porte della casa circondariale di Cagliari Uta “Ettore Scalas” a un detenuto giunto al termine della reclusione. Potrebbe essere anche il documento pastorale più singolare tra quelli che finiranno agli atti del cammino sinodale della Chiesa italiana. «Sicuramente – dice don Gabriele Iriti, da cinque anni cappellano dell’istituto di pena cagliaritano – è il riconoscimento ufficiale del ruolo educativo svolto dalla Chiesa all’interno del sistema carcerario, che si è aggiunto alle altre voci positive messe insieme nel dispositivo giudiziario per rimettere in libertà una persona».

Dal gruppo sinodale costituito in carcere nel novembre 2021 sono venuti altri segnali di un cammino di rinnovamento e di partecipazione alla vita della comunità ecclesiale, pur stando al di là delle sbarre. Fra questi la lettera “Conosciamo il vostro dolore” inviata a “papà Nicola e mamma Elisabetta”, i genitori di Filippo Turetta, il giovane reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, il cui processo inizierà il prossimo 23 settembre.

«Il Cammino sinodale – spiega don Iriti – è un’esperienza in crescendo. Dal novembre 2021 a oggi vi hanno aderito una cinquantina di ospiti della casa circondariale alle porte di Cagliari. Non è stato semplice iniziare, perché mettere insieme sezioni carcerarie diverse organizzativamente non è facile. Si è costituito un gruppo sinodale che ogni mercoledì per ottanta settimane si è incontrato secondo lo stile della conversazione spirituale, di ascolto attivo, migliorata nel tempo. Una metodologia applicata dai detenuti anche per parlare dei loro problemi e della vita carceraria in generale: confronto dialettico, rispetto delle opinioni, osservazioni critiche, proposte costruttive. Una crescita apprezzata anche dai responsabili della casa circondariale».

L’avvio del cammino sinodale? Con una slide proiettata da don Iriti durante l’omelia domenicale: «La Chiesa ha bisogno di conoscere il vostro pensiero. Siete disponibili a darlo?». La risposta è nei fatti. «Si sono sentiti investiti di una responsabilità e non si sono tirati indietro – testimonia il cappellano –. Una serie di questionari con risposte aperte hanno evidenziato il loro rapporto con la Chiesa. Non sono mancate osservazioni utili alla riflessione pastorale e il riconoscimento per il ruolo degli oratori nell’educazione e dell’ora di religione a scuola».

Il percorso sinodale è stato celebrato nel corso di una manifestazione musicale, “Camminare insieme… verso la libertà”, con testimonianze e interventi sull’esperienza ecclesiale vissuta dagli ospiti della casa circondariale. «L’evento in carcere – ha affermato l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi – testimonia la bontà dell’intuizione di papa Francesco, che con l’avvio del cammino sinodale ha voluto offrire a tutti la bellezza di sentirsi protagonisti di se stessi, della propria vita, della missione della Chiesa e della rinascita della società. Una possibilità offerta anche a coloro che vivono nel carcere, i quali grazie al cappellano e al gruppo sinodale hanno ripreso in mano la loro vita, generando dei gesti capaci di parlare a tutti gli uomini. Con quello spettacolo musicale i detenuti hanno voluto parlare alle persone della possibilità di un cambiamento e di una vita migliore».

Un passo significativo di questo cammino è stato il messaggio, scritto nello scorso novembre, dai “sinodali” del carcere cagliaritano alla famiglia Turetta. «Si pensava a una lettera ai genitori di Giulia – racconta don Iriti – ma il gruppo dei reclusi ha deciso diversamente, anche sulla base della propria esperienza». È nata così la lettera ai genitori di Filippo, trasmessa attraverso il parroco di Torreglia (Padova).