Quattro giorni all’inizio del Sinodo. Si parla di famiglia. E questo è assodato. Ma questa parola affascinante e impegnativa è, in realtà, una somma quasi infinita di temi, argomenti, suggestioni, implicazioni, problemi. Sull’agenda dei padri sinodali ne saranno affrontati in modo approfondito almeno una trentina, seguendo la traccia indicata dall’
Instrumentum laboris, il documento compilato dalla segreteria del Sinodo che sintetizza la centinaia e centinaia di risposte giunte a Roma da ogni parte del mondo grazie al questionario diffuso circa un anno fa. Un prezioso lavoro di ricognizione che da domenica permetterà a decine di migliaia di famiglie dei cinque continenti di sentirsi in qualche modo protagoniste della grande assise. Le urgenze, i bisogni, le difficoltà concrete di genitori e figli che animeranno il dibattito, non nascono infatti dalle analisi teoriche di un’accademia di studi, ma dal vivo di tante case ai quattro angoli del mondo. Insomma, parlare quasi unicamente di divorziati risposati significa ignorare la vastità dei temi all’ordine del giorno. Da qui a domenica, spulciando le circa 70 pagine dell’
Instrumentum, tenteremo di mettere a fuoco i più rilevanti e – finora – ignorati dalla vulgata mediatica. In varie parti del documento, e in particolare in alcuni paragrafi del primo capitolo, si mette a fuoco il tema spinoso dei corsi di preparazione al matrimonio. Le varianti sul tema – si legge senza troppi giri di parole – sono pari soltanto alle crescenti difficoltà di questi approcci diffusi peraltro nella maggior parte delle diocesi del mondo. Difficoltà che non deriva tanto dallo scarso impegno o dalla mancanza di zelo educativo di sacerdoti, coppie ed esperti, ma dallo sforzo di adeguare linguaggi e modalità comunicative alle variazioni continue della sensibilità giovanile. Il problema s’accresce, si legge del documento, «nelle zone in cui vi è una forte secolarizzazione, ove si constata una crescente distanza culturale nei confronti dell’insegnamento della Chiesa». In queste realtà, sarebbe il caso di proporre percorsi di approfondimento – si potrebbe quasi dire di ri-evangelizzazione – a lunga scadenza. Ma i «corsi particolarmente prolungati non sono ben accolti». E così negli ultimi anni i contenuti del programma hanno subito un sostanziale cambiamento: «Da un servizio orientato al solo sacramento, si è passati a un primo annuncio della fede». Difficoltà che non hanno comunque spento la fantasia delle comunità. Il documento cita parrocchie e movimenti che organizzano ritiri, incontri personali, gruppi di preghiera, di riflessione, di condivisione, pellegrinaggi, festival, congressi. Ma, ecco un nuovo ostacolo, «questi percorsi sono percepiti più come una proposta obbligata che una possibilità di crescita a cui aderire liberamente». Dalle risposte giunte dalle Chiese locali si coglie poi una diffusa insoddisfazione anche per quanto riguarda il colloquio con il parroco o un suo incaricato che, solitamente, è il punto d’inizio dei percorsi di preparazione. «Spesso le risposte lamentano – si legge ancora nell’
Istrumentum – che non venga sufficientemente utilizzato come un’opportunità per una discussione più approfondita, restando invece in un contesto piuttosto formale». Su un punto le risposte convergono: laddove si ha il coraggio di puntare senza tentennamenti sulla testimonianza delle coppie, la pastorale di preparazione diventa davvero incisiva, autentica, coinvolgente. Il contatto diretto tra giovani e coppie di navigata esperienza, trasmette la «bellezza e la gioia dell’annuncio evangelico del matrimonio e della famiglia». La testimonianza di coniugi che hanno saputo navigare tra i marosi degli anni e dei problemi, suscita nei giovani di ogni parte del mondo, stima e attrattiva.