Chiesa

La scheda. Papa in Campania ecco i luoghi

Valeria Chianese venerdì 20 marzo 2015
Cittadella mariana, cittadella della carità è Pompei. E il Rosario è la carta costitutiva della sua spiritualità, il suo fondamento. Il santuario della Beata Vergine di Pompei appare come un’ancora ferma, speranza di salvezza deposta tra le pieghe del manto verginale della Madonna e con le sue opere a favore dei poveri e dei deboli, vive nella solidarietà, invita alla preghiera, alla pace e alla carità. Il santuario di Pompei è uno dei più grandi dell’epoca contemporanea, fu costruito tra il XIX e il XX secolo per volontà di Bartolo Longo, promotore della devozione mariana, specialmente attraverso il Rosario e la Supplica alla Madonna di Pompei, e straordinario testimone di carità a favore dei minori emarginati del suo tempo. La Chiesa ne ha riconosciuto l’opera dichiarandolo beato nel 1980. Ponendo mano e cuore nella fondazione della Nuova Pompei, Bartolo Longo ha lasciato l’eredità di segni profetici. La concordia tra i popoli era una delle sue aspirazioni più vive, e la facciata del Santuario è dedicata proprio alla Pace Universale. Tutti i tratti della città mariana, dal Santuario al Museo degli ex voto alle opere sociali, testimoniano come la speranza ha saputo farsi largo tra le mille insidie e superare ogni sorta di diffidenze. In nessun altro luogo che in questa terra ai piedi del Vesuvio, dove l’antica Pompei pagana e sepolta dalla lava convive con la Nuova Pompei cristiana ridestata dal Vangelo, è possibile toccare con mano come la fede renda straordinaria e trasformi ogni cosa.
Scampìa è periferia ed è una delle tante anime di Napoli e come l’anima, e la periferia, di ogni città ha angoli bui e angoli luminosi. È un grande quartiere, quasi 100mila abitanti, dove spesso è il degrado, urbano e materiale, a contraddistinguerlo: il lavoro inesistente o precario, la criminalità che, purtroppo, protegge e sfama, la dispersione scolastica, la difficile convivenza con i campi nomadi. Di Scampìa perciò emerge frettolosamente l’oscurità e il suo nome è legato, nell’immaginario e nella cronaca, a fatti di camorra e di violenza, allo spaccio di droga e alle faide per il controllo dei traffici illeciti. Il suo simbolo sono le Vele, enormi edifici triangolari nati per replicare la vita del vicolo, ma hanno costruito silenzio, paura, isolamento. Esiste però una Scampìa diversa, che si definisce ‘Scampiafelice’. È quella che ogni giorno lotta e lavora per costruire un quartiere diverso. E lo fa da sola, tutto l’anno. È la Scampia del volontariato, delle associazioni, delle chiese, dello sport, della scuola. Degli uomini e delle donne che ogni giorno fanno qualcosa per opporsi al marchio di infamia cui li condannano l'incuria, l'abbandono, il collasso civile delle periferie. Qui si combatte, e spesso si vince, per offrire modelli alternativi ai bambini, ai giovani, alle famiglie. Anche le famigerate Vele, sotto questa spinta, si aprono al vento delle novità: alcuni dei sette edifici sono stati abbattuti, altri lo saranno, e al loro posto sta sorgendo una sede universitaria; in un’altra è stata organizzata una scuola di musica per i bambini. Per Scampìa forse non è più tempo di burrasca. 
Il carcere di Poggioreale che accoglierà Papa Francesco è un po’ diverso da quello che appena lo scorso anno fu marchiato come ‘il carcere più affollato d’Europa’. Pur tra problemi e difficoltà, che sono tanti – dal lavoro alla formazione, dalla sanità all’accompagnamento fuori dal carcere a fine pena - cambiamenti sono avvenuti dall’estate, piccoli passi verso la normalità e l’umanità sul percorso segnato dal direttore Antonio Fullone, da poco alla guida della casa circondariale napoletana. Innanzitutto il numero di detenuti reclusi: ora sono 1900, ma erano quasi 3mila solo qualche mese fa. In alcuni padiglioni si sta anche sperimentando il cosiddetto ‘regime aperto’, durante il giorno cioè le celle non sono chiuse e i detenuti possono circolare nei corridoi ed entrare nelle altre celle. Le ore d’aria sono aumentate. Eliminati i banconi divisori nei parlatori, c’è l’area verde dove poter abbracciare i familiari e i colloqui si tengono anche di sabato così i bambini non saltano la scuola e possono vedere il papà.È molto per il carcere di Poggioreale considerato fino a poco tempo fa alla stregua di un ‘inferno in terra’, ci vuole ancora tanto per arrivare a considerare finalmente il detenuto come una persona con la stessa dignità di altri così come in altre carceri. Ma è pur sempre un inizio. La ristrutturazione è avviata, non solo quella dei muri, delle sale e dei cortili. Anche la vita all’interno del carcere si sta rinnovando sperando che possa aiutare a riordinare pure quella di chi ha sbagliato ed è stato condannato. Dedicato alla Madonna Assunta, anche se popolarmente intitolato al patrono vescovo san Gennaro, il Duomo di Napoli fu fatto erigere da Carlo II d’Angiò alla fine del XIII sec. sul luogo della chiesa di santa Stefania e presso la Basilica di santa Restituta. Nell’area archeologica si trova il battistero più antico d'Occidente, San Giovanni in Fonte. Nella navata di destra vi è la Real Cappella di San Gennaro o del Tesoro (1608-37) edificata per un voto pronunziato dai napoletani il 13 gennaio 1527 per scongiurare i danni della peste. È qui che sono conservate le reliquie di san Gennaro, decapitato nella Solfatara a Pozzuoli : due ampolle con il suo sangue, che per tre volte nell’anno si scioglie. Il prodigio avviene il 19 settembre, il sabato che precede la prima domenica di maggio, il 16 dicembre. La Real Cappella del Tesoro di san Gennaro non appartiene alla curia arcivescovile, bensì alla città di Napoli rappresentata da un'antica istituzione, ancora esistente, la "Deputazione", e dai Sedili di Napoli, che appunto nel 1527, davanti a notaio stipularono l’atto di mutua assistenza tra la città e il santo Patrono.Di fianco al Duomo c’è il Museo del Tesoro di san Gennaro che conserva straordinari capolavori raccolti in sette secoli di donazioni di uomini illustri, gente comune, con collezioni uniche. Secondo gli esperti il Tesoro di san Gennaro è più prezioso di quello della Corona d'Inghilterra e degli zar di Russia.