Chiesa

1954-2024. Pontificio Comitato Scienze Storiche, memoria viva del Papato

Filippo Rizzi venerdì 7 giugno 2024

Un particolare dell'Archivio apostolico vaticano


Settant’anni vissuti all’insegna dell’approfondita conoscenza della storia del Papato anche quella più inedita e quasi “segreta” e del corretto e rigoroso uso delle discipline storiche. È il mandato che si prefigge da quando è nato il 7 aprile 1954, per volere di papa Pio XII, il Pontificio Comitato di scienze storiche (http://www.historia.va/content/scienzestoriche/it.htmlwww.historia.va) guidato da meno di un anno dal gesuita polacco Marek Inglot .

Il religioso è succeduto, in questo prestigioso incarico, al premostratense Bernard Ardura. Padre Inglot, classe 1961, è stato, tra l’altro, decano della Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma ed è uno studioso specialista in particolare della storia della soppressione della Compagnia di Gesù (1773-1814). «È prematuro per me poter trarre bilanci, alla luce della mia presidenza di appena un anno. Mi pare più opportuno, inoltre, che un eventuale “bilancio” o, meglio, libera valutazione, del nostro operato – tiene a sottolineare – possa venire non dal nostro interno, ma dall’esterno, dal vasto e diversificato mondo degli studi storici, con il quale ci troviamo quotidianamente a collaborare su scala internazionale. Questo anniversario ci ha permesso di sentirci richiamati con rinnovata attenzione alle nostre origini».

Il principale lavoro del Comitato si concentra in particolare sul patrimonio archivistico ecclesiastico, specialmente sugli archivi vaticani, e ha tra i suoi compiti precipui anche quello di rivedere i dati storici dell’Annuario pontificio e di comporre il Martirologio. Questo istituto accademico che ha sede non distante dal colonnato del Bernini a Roma, in via della Conciliazione, nasce come continuazione della Commissione cardinalizia per gli studi storici fondata da papa Leone XIII nel 1883. Il gesuita polacco assieme agli officiali e membri del Pontificio comitato di scienze storiche è stato ricevuto, il 20 aprile scorso, da papa Francesco in occasione di questo importante anniversario in Vaticano. «In quell’incontro il Pontefice ci ha spronati ad esercitare una delicata quanto necessaria e urgente “diplomazia della cultura”, volta a favorire la “civiltà dell’incontro”, per scongiurare le tentazioni autoreferenziali e faziose dell’«inciviltà dello scontro».

​Un avamposto di storia ecclesiastica composto da grandi studiosi

Tra i momenti più importanti di questo settantesimo anniversario vi è stata, nell’aprile scorso, l’adunanza plenaria del Pontificio Comitato di cui una sessione si è tenuta alla presenza del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Un momento per tracciare anche il futuro che attende questa istituzione. «Per questo 2024 desideriamo, tuttavia, fornire anche uno strumento utile alla conoscenza dei nostri Studi, pubblicati nella Collana “Atti e Documenti” della Libreria Editrice Vaticana, ovvero la pubblicazione di un volume di Indici sistematici e tematici dei primi 70 volumi della nostra Collana, altri sono già in lavorazione e l’uscita è prevista per il prossimo autunno. Più che descrivere il nostro operato, ci pare più proficuo e fruttuoso invitare potenziali lettori a ripercorrere la messe di Studi che il Pontificio Comitato ha messo a disposizione della comunità scientifica internazionale in questi settant’anni, al servizio del bene comune». Scorrendo la storia di questa istituzione – un vero avamposto di storia della Chiesa e della Sede Apostolica – si rimane impressionati dai tanti nomi illustri che ne hanno fatto parte: dai gesuiti Miguel Battlori, Giacomo Martina, Pierre Blet a Hubert Jedin. «L’eredità dei nostri predecessori – osserva Inglot – è una grande ricchezza e si rivela un continuo sprone a proseguire con lo stesso loro entusiasmo e almeno pari dedizione». E aggiunge un particolare a questo riguardo: «Dagli anni Cinquanta del secolo scorso si può osservare che il Pontificio Comitato abbia conosciuto un costante e benefico ampliamento, un continuo allargarsi di orizzonti storiografici e umani, di presenze accademiche e istituzionali e di pubblicazioni scientifiche. Ad esempio, in origine i membri erano un ristrettissimo numero ed essenzialmente chierici in servizio presso la Santa Sede e nelle Università pontificie, mentre oggi annoveriamo quasi 30 componenti, in maggioranza laici che insegnano presso atenei statali nelle diverse parti del mondo, e la nostra Collana, avviata nel 1989, è costituita da oltre 70 volumi. Sono, inoltre, comprensibilmente aggiornati i paradigmi della ricerca storica, alla luce di rinnovate esigenze scientifiche, ispirate comunque sempre al migliore metodo storico-critico». Una struttura che guarda al futuro e non nostalgicamente al glorioso passato. «A questo proposito mi torna spesso in mente il memorabile Discorso agli archivisti ecclesiastici del 26 settembre 1963 pronunciato da papa Paolo VI. In quell’occasione – è la riflessione di padre Inglot – papa Montini ebbe a porre in rilievo che “l’avere il culto di queste carte, dei documenti, degli archivi, vuol dire, di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi, dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase di transitus Domini nel mondo”. Quelle parole sono ancora oggi attuali e rappresentano il senso della nostra missione in seno alla Chiesa cattolica». Quali sono dunque le sfide che attendono il Comitato? «Per il prossimo futuro, pertanto, ci sentiamo chiamati a rispondere a questo vero e proprio mandato di papa Francesco (che ci ha indirizzato nell’udienza dell’aprile scorso) cioè di puntare su una rinnovata e più attenta sinergia con tutti quanti ricercano la Verità attraverso gli Studi Storici, in spirito di rispettoso ed equilibrato dialogo tra i diversi orientamenti storiografici e secondo un’ottica pluridisciplinare e diacronica».

Da sinistra papa Francesco con il presidente del Pontifcio Comitato di Scienze Storiche Marek Inglot - Vatican Media