Chiesa

Arte e fede. I «colori» della Chiesa racchiusi in «100 presepi in Vaticano»

Stefania Careddu martedì 11 dicembre 2018

Natività esposta tra i «100 presepi in Vaticano

C’è quello imponente e ricco ispirato all’arte del ’700 napoletano, ci sono quelli ambientati in un carcere o in una cappella, uno custodito in una ampolla di vetro, altri realizzati con il corallo rosso, con il cotone tessuto all’uncinetto, con i bottoni e i rocchetti di filo, con i legnetti raccolti sulla spiaggia. Ma anche con le conchiglie, con le foglie di mais o il bambù, con le grucce per gli abiti e perfino con le spezie.

Grandi e con numerosi personaggi, o piccoli ed essenziali, tutti raccontano la bellezza e il mistero di un Dio che si fa bambino: sono i “100 presepi in Vaticano”, in mostra nella Sala San Pio X in via dell’Ospedale, a pochi passi da piazza san Pietro. Dopo 42 anni, infatti, la tradizionale esposizione internazionale ideata da Manlio Menaglia si è trasferita da piazza del Popolo a via della Conciliazione, sotto l’egida del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.

Fino al 13 gennaio, dalle 10 alle 20, è possibile visitare gratuitamente i 126 presepi arrivati dall’Italia e da tanti Paesi, tra cui la Germania, la Croazia, Israele, il Messico, la Colombia, El Salvador, il Nicaragua e la Cina. Con stili e materiali diversi, ognuno racconta quell’episodio che ha cambiato la storia del mondo, intrecciandolo con le tradizioni locali e arricchendolo dei colori del proprio popolo.

Lo sguardo allora può posarsi sui dettagli di un rione nostrano, stupirsi davanti alle marionette che danno vita all’opera proveniente dal Guatemala, ammirare come i bastoncini per il gelato e le cannucce per le bibite possano disegnare una scena tipica di Taiwan.

«Fare il presepio non è alternativo al dover vivere concretamente la fede: non c’è alternativa tra farlo o non farlo», ha detto l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Fisichella ha inaugurato l’esposizione insieme al cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, a Mariacarla Menaglia, direttrice della “Rivista delle Nazioni”, che ha organizzato l’evento fino ad oggi, e a Miroslava Rosas Vargas, ambasciatrice di Panama presso la Santa Sede, che con il Coro “Soñero Sostenibile” della Fao Staff Coop, il “Coro giovanile della Comunità Shalom” e un gruppo di ballerini in abiti tradizionali ha portato il saluto del Paese che a gennaio accoglierà papa Francesco per la Giornata Mondiale della Gioventù.

«Siamo chiamati a fare il presepio perché ci ricorda come vivere da credenti e come essere, anche da credenti, capaci di gesti, di segni di fratellanza e solidarietà», ha spiegato sempre Fisichella, sottolineando che queste «opere di arte e di fede ci aiutano a vivere il Natale» e sono «un segno con cui i cristiani dicono al mondo, ad ogni uomo e ad ogni donna, che c’è speranza, che non ci si può fermare a quello che si vede, ma che bisogna guardare al futuro con coraggio, consapevolezza e audacia». Nessuna offesa dunque o mancanza di riguardo verso chi non professa la stessa fede. Solo «un messaggio di pace, di dialogo, di accoglienza che invita tutti a lavorare perché il mondo possa essere migliore», ha ribadito il presidente del dicastero che ha invitato a superare «il rischio sempre presente di strumentalizzare i simboli religiosi». «Contempliamo il presepe – è stato il suo invito – laddove c’è e rimbocchiamoci le maniche per far vivere questa tradizione dove non c’è».

Del resto, ha concluso il cardinale Rodriguez Maradiaga, «senza presepe, il Natale sarebbe una festa vuota».