Chiesa

CHIESA IN CAMMINO. Pamplona, amore per la terra e arte che parla di Dio

Paolo Viana sabato 13 agosto 2011
Dopo un viaggio massacrante in pullman possono dirlo anche Elena, che fa la psicologa, Emanuela, che vuol far l’arredatrice e Marialaura, che studia ancora ed è alla sua prima Gmg: «Ci lasciammo le montagne alle spalle» e il grano «che ondeggiava al vento» finché «in lontananza potevi vedere l’altopiano di Pamplona che spicca nella pianura, e le mura della città e la grande Cattedrale marrone e il profilo frastagliato delle altre chiese». Tributo a Ernest Hemingway nella città di Fiesta, inevitabile anche per i pellegrini italiani che hanno attraversato la campagna basca, dove, come ai tempi dell’autore di Addio alle armi, «la terra appare sempre verde e ricchissima», per raggiungere la città dell’Encierro (la tradizionale corsa coi tori per le strade) con aspettative che vanno ben oltre il vino e le corride. D’altronde, l’amore dei navarrini per la propria terra è inscindibile dalla tradizione religiosa. Quest’anno, la processione dei «Sanfermines» è stata aperta dai volontari della Gmg, a dimostrazione della popolarità dell’evento. Sono migliaia i pellegrini affluiti nella città dei tori per il gemellaggio con la diocesi e 1500 volontari li accompagnano in queste ore alla scoperta delle «raices de la nuestra fé», che è un pellegrinaggio nel pellegrinaggio, concepito dalla diocesi per leggere la Navarra attraverso i monumenti.Quanto quest’approccio «alto» alla Gmg possa toccare il cuore lo cogliamo nelle reazioni dei veneziani, che non si fanno certo impressionare da ori e stucchi. Sul sagrato di Santa Maria La Real, Elena Gatti, 22 anni, riflette dopo la visita sull’arte che «un tempo cercava di interpretare il bisogno di infinito dell’uomo mentre oggi ha perso il senso religioso, lo ha banalizzato». La Cattedrale per lei non è quindi la chiesa «cupa e buia» dove «i pilastri erano altissimi e c’era gente che pregava e odorava d’incenso e aveva magnifici finestroni», che descrisse Hemingway. Anzi, Elena Utenti, sedici anni e tanta passione per l’architettura, precisa che «il gotico è nato con l’intento di illustrare le Scritture ai fedeli; l’arte che sa parlare di Dio è uno dei veicoli migliori per costruire una comunità». Annuiscono Davide Scaggiante che intravede nell’oro zecchino i riflessi della "sua" San Marco e Davide Gorgi, colpito «dall’immediatezza dei fregi barocchi, un carattere che è rimasto negli spagnoli di oggi. Ne abbiamo la prova in questi giorni». Morris Paisan, seminarista venticinquenne, ci racconta all’uscita dal chiostro di aver notato «i volti dei giovani finalmente contenti. Il sentimento che si respira alla Gmg può tracciare davvero la strada della gioia». Si prosegue tra cori e hola! alla scoperta di santo Domingo, della cappella di San Fermin, di San Saturnino - punto di riferimento storico e spirituale, anche se per i turisti è solo l’orologio che scandisce l’inizio della corsa dei tori - e delle muralles dove fu ferito sant’Ignazio di Loyola. Su questo Hemingway aveva ragione: la città è tutt’uno con le sue mura e lo skyline di chiese e campanili. Cambiato, come il resto della Spagna, ma ancora evocativo. Suor Antonella di Mestre si augura che «la vivacità culturale di questi giorni e la capacità di condividere le esperienze sia profetica, e che duri». Al termine della giornata il predicatore della casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, parla ai giovani riuniti qui a Pamplona di Cristo che offrì se stesso e di Maria che sperò contro ogni speranza. Enrico Riccato ci chiede: «In Santa Maria ho pregato perché questa società si renda conto degli errori che sta facendo. Questo significa sperare contro ogni speranza?». Nella chiesa «cupa e buia» il protagonista di Fiesta pregava per «fare un mucchio di quattrini»; sono passati tanti anni e due guerre ma Enrico teme di aver ragione.