La visita. I giovani della Mongolia: dopo Lisbona, aspettiamo il Papa a casa nostra
I ragazzi della Mongolia per le strade di Lisbona durante la Gmg
Finita la Gmg di Lisbona, i giovani della Mongolia aspettano papa Francesco nel loro Paese (31 agosto-4 settembre). «La visita del Papa è un segno che Dio ama il nostro Paese». A parlare è Sanjaa Mng, che a Lisbona ha guidato una piccolissima delegazione di giovani dalla Mongolia.
Al termine di questa esperienza, al Sir racconta: «Abbiamo vissuto un momento bellissimo. Giovani di tutto il mondo si sono riuniti nella stessa fede e nello stesso luogo. Abbiamo avuto l’impressione che la preghiera del Padre Nostro che ogni giorno recitiamo, si stesse realizzando. Padre Nostro che sei cieli: la fede di avere un unico Padre, qui è diventata realtà». E guardando all’imminente viaggio di papa Francesco in Mongolia, aggiunge subito: «Per noi il Papa è un dono di Dio come segno di fede nella storia».
La Mongolia, con i suoi 1.566.000 chilometri quadrati, è il 19° Paese del pianeta per estensione territoriale (oltre cinque volte l’Italia). Confina con Cina e Russia e gran parte del suo territorio è coperto da steppe, con montagne a nord e a ovest e il Deserto del Gobi a sud. Ha tra le più basse densità di abitanti al mondo tanto che la Mongolia è il secondo paese meno popolato del mondo. Circa il 30% della popolazione è nomade, dedita prevalentemente all’allevamento. «Quando la gente ci pensa – ci dice Sanjaa – pensa che il nostro Paese sia una grande distesa di campagna che occupa una vasta area di terra. È vero, è così. Agli occhi della fede, è una comunità molto piccola che sta iniziando a camminare». La religione predominante infatti è il buddismo tibetano, sebbene, in seguito ai decenni di ateismo di Stato, oltre il 30% della popolazione si dichiari tuttora non religiosa.
La piccola comunità cattolica conta circa 1.450 battezzati. Un Paese dai due volti: da una parte, la capitale Ulaanbaatar evoluta e tecnologica, dall’altra il resto del Paese, le grandi distese, le tradizioni. «Ci sono molte difficoltà», ammette Sanjaa. La popolazione «sta iniziando a guadagnare» ma «cercherò di affrontare queste sfide e vivere con coraggio, senza paura, come ha detto il Papa alla Gmg. Sono sicuro che sebbene siamo una piccola comunità, sappiamo attraverso la storia del nostro Paese che Dio respira sempre con noi e vive insieme al nostro popolo».
Incontri per i giovani mongoli a Lisbona - Foto Sanjaa Mng / Agensir
Papa Francesco sarà il primo Pontefice a recarsi nel Paese asiatico. «Sperare insieme» è il motto scelto per questo viaggio apostolico. Il logo vede al di sopra della scritta la mappa della Mongolia, tratteggiata con i colori rosso e blu della bandiera nazionale. All’interno è raffigurata una ger, abitazione tradizionale mongola, dalla quale esce verso l’alto un fumo giallo (colore del Vaticano). Sulla destra della ger si staglia una croce. La ger e la croce sono contenute tra due scritte in verticale, nella lingua mongola tradizionale, che riprendono il motto. «Il nostro Paese ha vissuto una vita nomade fin dai tempi antichi – spiega Sanjaa –. Vive ancora una vita nomade. Quando ci penso, la radice della nostra fede è nella vita nomade. Quando Dio chiamò Abramo, lui viveva una vita nomade. Proprio come un genitore dà un nome a un figlio, Dio diede un nome ad Abramo. La visita del Papa è un segno che Dio ama il nostro Paese. Attraverso questa visita Dio sta chiamando ogni persona nel nostro Paese».