Udienza. Papa Francesco incontra Giulia, la ragazza che negli Usa si svegliò dal coma
Giulia Bottacin (La vita del popolo)
Aveva preparato il breve discorso da fare, in spagnolo, lingua che come l’inglese è stata l’oggetto di studio del suo corso universitario. Ma quando si è trovata davanti papa Francesco non è riuscita a dire nulla. “Sono rimasta senza parole, è stata mamma a raccontargli che tre anni fa ho avuto un incidente molto grave”, confida Giulia Bottacin, 30 anni, che questa mattina in piazza san Pietro è stata benedetta dal pontefice. Finalmente di persona.
Tre anni fa erano stati il fratello Alberto e il papà Valerio a portare a Bergoglio la foto che la immortalava con Giovanni Paolo II. “È stato pazzesco, ho avuto la sensazione - rivela la ragazza - di incontrare una persona che mi conoscesse da sempre. Sono sicura che quello che volevo comunicargli lo ha capito dal mio sguardo”. Si considera “una miracolata, nei fatti e non per modo di dire”, Giulia.
A fine gennaio 2014 era ad Orlando, in Florida. Aveva terminato il contratto di lavoro alla Disney e aveva deciso di trascorrere due settimane di vacanza prima di tornare a casa, a Paese, a pochi chilometri da Treviso. Era al semaforo quando un’altra macchina è piombata sulla sua. Cinquantaquattro giorni di coma, il rientro in Italia a bordo di un volo di Stato e il risveglio.
“La strada è lunga, ma bisogna pensare positivo e trovare la forza in se stessi. Non conta quanto tempo impieghi per raggiungere un traguardo, l’importante è farcela. E io ce l’ho fatta”, dice Giulia che non si è mai data per vinta. “Cammino con le mie gambe, il mio cervello, nonostante il danno subito, è a posto, mi ricordo le lingue che ho imparato, parlo anche se ancora non benissimo”, elenca la ragazza che, con orgoglio, aggiunge: “Ho fatto dieci lezioni di guida e ho ripreso la patente”. Del resto, Giulia ha imparato “che la vita è molto più sottile di quello che si possa pensare e che per questo non bisogna dare nulla per scontato”. Così continua la riabilitazione e ad “affrontare tutto ciò che si deve”.
“Se mi sono svegliata – sorride - è perché la mia famiglia e tanti amici hanno pregato per me. Migliorare è il mio modo per ringraziare tutti quelli che hanno creduto in me e per il dono di questa seconda vita”. “Nella nostra storia, c’è un ‘prima’ e c’è un ‘dopo’, con obiettivi e parametri diversi, ma non ci arrenderemo mai e andiamo avanti, facendo tutto il possibile perché Giulia possa migliorare sempre di più”, osserva mamma Daniela che insieme al marito e al figlio è sempre stata accanto alla ragazza. “La fede – ammette – ha fatto la differenza, ci ha aiutato ad avere fiducia, a non abbatterci”.
Anche quando al telefono hanno ventilato l’ipotesi che avrebbero potuto non rivedere Giulia viva, anche quando i medici non si sbilanciavano sulla diagnosi. “Ci abbiamo creduto, non abbiamo mai perso la speranza: quando era in coma, le siamo stati vicino, fisicamente, le facevamo ascoltare i messaggi vocali che i suoi amici le inviavano via whatsapp e le canzoni contenute sul suo lettore musicale”, racconta Alberto. È stata una battaglia dura, ma ora Giulia vuole essere un esempio per gli altri. Perché la sua storia è un inno alla vita.