Pellegrinaggio. Bergamo esulta: «Giovanni XXIII torna da noi». Oggi arriva l'urna
«Da oggi Angelo Giuseppe Roncalli torna a consegnare nelle nostre mani la responsabilità della pace, dell’ecumenismo e, soprattutto, il Concilio. La peregrinatio diventi per noi un momento privilegiato per rivivere la “Pentecoste dello Spirito” del Vaticano II».
È l’auspicio ma anche il biglietto da visita con cui il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, si appresta ad accogliere il ritorno nella sua terra natale – che lo vide bambino e poi giovane prete – dell’urna con il corpo di san Giovanni XXIII da questo pomeriggio fino al 10 giugno. Un viaggio quello del “Papa buono” (che lascerà per la prima volta la Basilica di San Pietro a 55 anni dalla sua morte, avvenuta nel 1963) che lambirà i luoghi più significativi della sua esistenza in terra bergamasca dove – ricorda Beschi – «egli non solo è un’icona in particolare a Sotto il Monte ma rappresenta, a tanti anni dalla sua scomparsa, la memoria viva di una fede e di una devozione che grazie al sua impronta pastorale si fa popolo».
Il bresciano Beschi sente su di sé il peso di questa peregrinatio voluta per concessione di papa Francesco e avverte tutto questo come «un onore e una responsabilità» per quella che definisce «una grazia speciale», accordata «alla nostra Chiesa particolare» dal vescovo di Roma. Non è forse un caso, ironia dei disegni della Provvidenza, che nel recente passato fu proprio Giovanni XXIII a concedere un simile privilegio con la peregrinatio del corpo di san Pio X a Venezia. Era il 1959 e Roncalli era appena salito sulla cattedra di Pietro. Ora tocca a lui Giovanni XXIII tornare nella sua terra nel 60° anniversario della sua elezione al soglio di Pietro e a 55 anni dalla morte e dalla pubblicazione dell’Enciclica Pacem in terris. «Un testo che rappresentò – spiega il presule – il suo testamento spirituale a tutta l’umanità». Ma per Bergamo questo evento coincide con un’altra ricorrenza: i 50 anni dall'inaugurazione del nuovo Seminario oggi intitolato a Roncalli e da lui voluto e sostenuto, al punto da seguirne personalmente la costruzione attraverso il cardinale bergamasco Gustavo Testa. «Anche per questo motivo la sua presenza – osserva il vescovo – interrogherà la nostra Chiesa e la nostra terra».
Un viaggio che permetterà di tornare alle radici contadine di Roncalli, alla sua “bergamaschicità”, a quel suo amore per i familiari («Per quello che ho appreso da voi», così scriverà l’allora monsignor Roncalli nel 1930), alla sua parrocchia e a quella «sua attenzione ai poveri che rappresentò il senso della sua stessa vita e testimonianza cristiana ». Un percorso che riporterà soprattutto a riscoprire la dimensione domestica di don Angelo Giuseppe Roncalli che in questa diocesi mosse i suoi primi passi di novello sacerdote, ricoprendo tra l’altro l’incarico di segretario particolare (per 10 anni) dell’allora vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi. Un evento che incarna, agli occhi di Beschi, in fondo «un omaggio indiretto» allo storico “contubernale” di papa Giovanni, il segretario e poi arcivescovo Loris Francesco Capovilla (19152016), creato cardinale da papa Francesco nel 2014, le cui spoglie mortali ora riposano non distante da Sotto il Monte, nella frazione di Fontanella accanto al poeta e frate servita David Maria Turoldo.
«Se abbiamo imparato a conoscere il patriarca di Venezia e poi vescovo di Roma Giovanni XXIII più privato e inedito – rievoca Beschi – lo dobbiamo a don Loris, a colui che a Sotto il Monte per quasi trent'anni da vescovo ormai in pensione fu il custode geloso e generoso della memoria del suo e del nostro Papa». Una peregrinatio che avviene simbolicamente a poche settimane dalla scomparsa di un cineasta Ermanno Olmi che proprio ad Roncalli dedicò nel 1965– nell'anno in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II – il film E venne un uomo. «Anche questa strana coincidenza – sottolinea Beschi – ci aiuterà a riscoprire le sue radici bergamasche ma anche a rivivere fra le pieghe del grande magistero giovanneo la sua attenzione all’uomo e quell’apertura al mondo, caratteristiche tanto evidenti sia in Olmi sia in Roncalli».
Un evento dunque che sarà una «festa di popolo di cui già in queste ore che la precedono si avverte il clima gioioso» aperta a tutti gli uomini di buona volontà «anche ai lontani, a coloro che non sono cattolici o appartengono ad altre confessioni cristiane». Quale augurio infine? «Il nostro papa Giovanni amava ripetere: “O vivo o morto io tornerò a Sotto il Monte”. Ed ora sotto il segno delle sue parole lo accoglieremo nella sua terra celebrando così il ritorno del nostro figlio più illustre.»