«
Vogliamo collaborare generosamente con altri, dentro e fuori dalla Chiesa, nella consapevolezza, proveniente dall’esperienza di Dio, di essere chiamati alla missione del Cristo Gesù, che non ci appartiene in esclusività, ma che condividiamo con tanti uomini e donne consacrati al servizio degli altri».
È uno dei passaggi centrali della omelia pronunciata ieri dal venezuelano
padre Arturo Sosa Abascal nel corso della sua
“prima” Messa nella veste di neo
preposito generale della Compagnia di Gesù. La celebrazione eucaristica avvenuta sabato, il giorno successivo alla sua elezione è avvenuta nella “
Chiesa Madre” dell’Ordine,
il “Gesù” di Roma dove riposano tra l’altre anche le spoglie del fondatore
sant’Ignazio di Loyola e quelle del secondo basco della Compagnia
Pedro Arrupe.
Al rito erano presenti anche i
212 delegati della
36ª Congregazione generale della Compagnia di Gesù (tra loro anche il preposito emerito lo spagnolo Adolfo Nicolás Pachón e gli italiani già direttore della Sala Stampa della Santa Sede Federico Lombardi e Antonio Spadaro direttore de La Civilltà Cattolica) che venerdì lo hanno eletto superiore dell’Ordine.
Padre Sosa ha esordito nel suo primo intervento pubblico riprendendo proprio le parole del
maestro dei frati domenicani Bruno Cadorè che in occasione dell’apertura della 36ma Congregazione generale (apertasi ufficialmente sempre nella Chiesa del Gesù il 2 ottobre scorso ) aveva invitato la Compagnia ad assumere l’atteggiamento dell’«audacia dell’improbabile» per essere testimoni di fede nell’attuale panorama mondiale.
«Nel cammino della collaborazione – ha continuato
il 30esimo successore di Sant’Ignazio – troveremo anche nuovi compagni per aumentare anche il numero, sempre minimo per grande che sia, dei collaboratori con gli altri invitati a far parte di questo corpo. Non c’è nessun dubbio circa il bisogno di aumentare la nostra preghiera e il nostro lavoro per le vocazioni alla
Compagnia e di continuare il complesso impegno di offrire la formazione che faccia di loro dei veri gesuiti, membri di questo corpo multiculturale chiamato a testimoniare la ricchezza della interculturalità come volto dell’umanità, creata a immagine e somiglianza di Dio”. E ha ribadito un tratto distintivo dell’essere gesuiti oggi: quello di essere sempre
al fianco dei poveri e per la giustizia.
«Noi gesuiti non siamo soli – ha ricordato Sosa - siamo accanto ai sofferenti». Il neo preposito generale si è poi soffermato sulla
custodia del corpo apostolico della Compagnia, citando le parole di Ignazio: «la Compagnia non è stata istituita con mezzi umani, non può conservarsi né svilupparsi con essi, bensì
con la mano onnipotente di Cristo Dio e Signor Nostro, in Lui solo è necessario riporre la speranza». E ha poi ricordato quanto il custodire il corpo della Compagnia sia «strettamente legato alla profondità della vita spirituale di ciascuno dei suoi membri e delle comunità nelle quali condividiamo la vita e missione con i compagni».
Dunque ha lanciato un appello indirizzato ai circa
17mila gesuiti sparsi nel mondo a coltivare una vita spirituale attiva senza però dimenticare che «allo stesso tempo ci vuole una straordinaria profondità intellettuale per pensare creativamente i modi attraverso i quali il nostro servizio alla missione del Cristo Gesù può essere più efficace, nella tensione creativa del magis ignaziano».
La 36ª Congregazione dei gesuiti – che porta il titolo suggestivo “Verso il largo, dove è profondo”- proseguirà nei prossimi giorni per
scegliere i collaboratori di padre Sosa Abascal (tra cui la nomina dei cosiddetti
quattro assistenti ad provvidentiam) e definire soprattutto
l’agenda dell’Ordine.