Il funerale non è uno spettacolo, non deve solo "esaltare" la figura del defunto. E, ha detto oggi mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione Cei per la Liturgia, "spero che nel funerale di Lucio Dalla non vengano messi dischi con le sue canzoni". La frase di monsignor Catella ha suscitato molte discussioni nei siti web. Sull'argomento è intervenuto anche monsignor Domenico Pompili, direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, che ha partecipato alla presentazione alla stampa della seconda edizione in lingua italiana del Rito delle Esequie. Grazie alla liturgia, ha osservato il prelato, "ritroviamo una grammatica e una sintassi in grado di dar voce alla morte, anzi di farne una parola che interpella la vita di tutti".In una società in cui la morte è "rimossa dall'orizzonte della vita quotidiana", o al massimo intesa come "un evento che si affronta in solitudine", un "fatto privato per le persone comuni o 'pubblico' per le celebrità", per il sottosegretario della Cei è urgente riscoprire il "carattere di mistero" e il "carattere collettivo" di questo evento, che in una prospettiva cristiana "riguarda il defunto, la sua famiglia, ma anche tutto il genere umano". E ciò anche "di fronte alla spettacolarizzazione della morte", che a volte, invece, "si consuma sotto i riflettori": sempre, infatti, "il rito funebre - ha concluso Pompili - ha la funzione di far riscoprire la morte come "cammino collettivo e comune".