Il rito e il ricordo. L'ultimo saluto a monsignor Luigi Negri, «tutto per la Chiesa»
Messa funebre per monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, celebrata dall'arcivescovo di Milano Mario Delpini
Un ringraziamento a nome dell’intera Chiesa di Milano. È quello che ha espresso ieri l’arcivescovo Mario Delpini, che ha presieduto in Duomo le esequie di Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, scomparso all’età di 80 anni lo scorso 31 dicembre. «Don Luigi si è sentito milanese e ambrosiano, come attesta la sua scelta che il funerale fosse celebrato anche nella Chiesa di Milano, in rito ambrosiano – ha detto Delpini nell'omelia – qui ha incontrato e coltivato il carisma di don Giussani e la sua appartenenza a Comunione e Liberazione. Qui ora gli amici e tutta la Chiesa ambrosiana lo accompagnano con la preghiera, l’affetto, la gratitudine per il bene ricevuto».
A concelebrare dieci tra arcivescovi e vescovi, tra cui alcuni ausiliari di Milano, presuli di diocesi lombarde, l’assistente generale dell’Università Cattolica Claudio Giuliodori e il successore di Negri alla guida dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego. Una quarantina i sacerdoti presenti, tra i quali l’assistente diocesano di Cl, don Mario Garavaglia. Molti i fedeli: membri della fraternità di Comunione e Liberazione, il presidente Davide Prosperi, autorità civili. Tra i tanti messaggi arrivati, quello dell’arcivescovo emerito di Milano, il cardinale Angelo Scola, che non ha potuto essere presente. «La mia amicizia con don Luigi dura da una vita» ha scritto Scola, ricordando «il dono della fede a cui ci ha conquistato, fin da ragazzi, il servo di Dio monsignor Luigi Giussani».
«Monsignor Negri ha vissuto con intensità la sua appartenenza alla Chiesa, al movimento di Cl con i suoi modi perentori e il suo linguaggio tagliente», ha osservato nell’omelia Delpini, un’appartenenza «che è grazia», anche se «la comunità dei discepoli non è una città ideale, ma sempre una trama di rapporti da ricucire, un popolo in cammino». Da qui la conclusione: «Don Luigi renda più profondi i nostri rapporti, più intenso il senso di appartenenza a Cristo, perciò alla sua Chiesa, e più abituali le vie del perdono e della riconciliazione».
In mattinata a Ferrara, nella Basilica di San Francesco, aveva celebrato la Messa esequiale l’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi, in qualità di presidente della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna. «Viveva con un cuore di fanciullo che non si arrendeva alla realtà, ma provava a cambiarla – ha detto Zuppi nella sua omelia rievocando la figura di Negri – con sorriso e ironia graffiante, con il gusto libero della provocazione, consapevole delle sue crociate, dei suoi combattimenti, dei propri oltranzismi, generoso anche negli errori, sempre contrario alla tentazione intellettualistica e spiritualistica, perché il Vangelo è fatto ed esperienza. Mi raccontavano alcuni dei fratelli che lo hanno accompagnato con tanta tenerezza in questi ultimi mesi difficili (li ringrazio per la festa degli ottant’anni, l’ultima da questa parte della riva del mare ma che la riassumeva tanto e anticipava l’altra) che in queste settimane invitava spesso a recitare l’invocazione dell’attesa, di quella attesa che è in realtà sempre la vita degli uomini: “Maranatha, Vieni Signore Gesù”. Caro don Luigi, adesso vedi faccia a faccia il volto di Cristo che hai desiderato».
La sera prima, nella stessa Basilica, l’arcivescovo Perego aveva espresso così l’omaggio al suo predecessore: «“Tutto di Cristo e tutto per la Chiesa”. In queste parole del vescovo Negri ritroviamo la totalità del dono di sé a Cristo e alla Chiesa, con il proprio stile, con le peculiari qualità... la sua lezione di amore a Cristo e alla Chiesa, non contrapponendo mai l’uno all’altra, lo Sposo alla Sposa, rimane il dono più prezioso da custodire».