Per la liturgia si era già nella solennità dell’Annunciazione, quella sera del 24 marzo 1980, quando un proiettile recise la giugulare dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero y Galdámez, al momento dell’elevazione dell’ostia. Elementi, che oggi appaiono quasi profetici: lui, che era indicato come «la voce di coloro che non hanno voce», colpito al collo alla vigilia della festa dedicata all’annuncio più importante per l’umanità, quello dell’incarnazione di Cristo. D’altra parte, Oscar Romero aveva vissuto il suo ministero nella convinzione che la redenzione portata dal Figlio di Dio fosse profezia di libertà e salvezza per tutti, in particolar modo per gli oppressi e gli ultimi. Un’idea che aveva maturato nel tempo, stando in mezzo alla gente e toccando con mano l’orrore creato dal regime militare allora al governo in El Salvador. Era nato a Ciudad Barrios, il 15 agosto 1917 – la sua vita fu racchiusa tra due solennità mariane: l’Assunzione e l’Annunciazione – e da adolescente entrò nel Seminario di San Miguel; continuò gli studi a Roma, dove venne ordinato prete il 4 aprile 1942. In patria fu parroco e poi segretario del vescovo di San Miguel. Nel 1966 fu scelto come segretario della Conferenza episcopale del Salvador e quattro anni dopo, il 25 aprile 1970, fu nominato vescovo ausiliare di San Salvador e venne ordinato vescovo il 21 giugno seguente. Il 15 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago de Maria, una delle zone più povere del Paese, dove conobbe le sofferenze di un popolo tenuto sotto scacco da continue violenze. Il 3 febbraio 1977 fu nominato arcivescovo di San Salvador, entrando in diocesi il 22 febbraio e scegliendo come dimora uno spazio attiguo alla cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza. Pochi giorni dopo il suo arrivo venne assassinato un gesuita: padre Rutilio Grande. Fu l’evento che spinse Romero a fare della richiesta di pace e giustizia un’autentica missione nel segno del Vangelo. Una battaglia che gli costò la vita la sera del 24 marzo 1980, quando venne ucciso nella cappella dell’ospedale per mano di un sicario.