Vocazione. Francesco: il cammino della santità si fa assieme agli altri, non da soli
undefined
Il tema della «vocazione universale alla santità», e in essa la sua «dimensione comunitaria», è «molto caro» al Concilio Vaticano II, che ne ha parlato specialmente nel capitolo quinto della Costituzione dogmatica Lumen gentium. Non a caso, in questa prospettiva, «è cresciuto in anni recenti il numero delle beatificazioni e canonizzazioni di uomini e donne appartenenti a diversi stati di vita: sposi, celibi, sacerdoti, consacrate, consacrati e laici di ogni età provenienza e cultura, anche famiglie, penso a quella polacca martire». Lo ricorda papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti al convegno di studio “Dimensione comunitaria della santità” promosso dal Dicastero delle cause dei santi – presieduto dal cardinale Marcello Semeraro –, che si è tenuto in questi giorni presso l’Istituto Patristico Augustinianum.
In particolare Francesco evoca la sua esortazione apostolica Gaudete et exsultate per richiamare l’attenzione sull’appartenenza di tutti questi fratelli e sorelle al «santo popolo fedele di Dio»; come pure sulla loro vicinanza a noi, come santi «della porta accanto», membri delle nostre comunità, che «hanno vissuto una grande carità nelle piccole cose della vita quotidiana, pur con i loro limiti e difetti, seguendo Gesù fino alla fine». Volendo approfondire questo tema il Pontefice ne evidenzia in particolare tre aspetti: la santità che unisce, la santità familiare e la santità martiriale.
Per Francesco l’incontro con Gesù ha una «dimensione comunitaria». E cita come esempio preclaro quello di Santa Teresina di Lisieux. Così la santità «unisce e attraverso la carità dei santi», tanto che «noi possiamo conoscere il mistero di Dio che “unito […] ad ogni uomo” (Costituzione pastorale Gaudium et spes, 22) abbraccia nella sua misericordia l’intera umanità, perché tutti siano una cosa sola (cfr Gv 17,22)». «Quanto il nostro mondo ha bisogno – è l’esortazione del Papa – di ritrovare in tale abbraccio unità e pace!».
Riguardo alla santità familiare, Francesco sottolinea che essa «risplende eminentemente nella Santa Famiglia di Nazaret». E tuttavia la Chiesa «oggi ce ne propone molti altri esempi». Come le «coppie di sposi sante, in cui ognuno dei coniugi è strumento per la santificazione dell’altro». Il Pontefice cita Luigi e Zelia Martin, i beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, i venerabili Tancredi e Giulia di Barolo, i venerabili Sergio e Domenica Bernardini. La santità degli sposi, spiega il Papa «oltre che santità particolare di due persone distinte, è anche santità comune nella coniugalità: dunque moltiplicazione – e non semplice addizione – del dono personale di ciascuno, che si comunica». E un «esempio luminoso» di tutto questo – come accennato all’inizio del discorso – «ci è stato recentemente offerto nella beatificazione degli sposi Jozef e Wiktoria Ulma e dei loro sette figli: tutti martiri». Anch’essi ci ricordano che «la santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due, e non da solo».
Infine la santità martiriale, che «è un modello forte, di cui abbiamo tanti esempi lungo la storia della Chiesa, dalle comunità delle origini fino all’epoca moderna, nel corso dei secoli e in varie parti del mondo». Infatti «non c’è un periodo che non abbia avuto i suoi martiri, fino ai nostri giorni». Francesco poi aggiunge a braccio un riferimento ad «un caso di vita cristiana vissuta in un martirio continuo», quello «di Asia Bibi, che per tanti anni era in carcere, e la figlia le portava l’Eucaristia». Tanti anni «fino al momento in cui i giudici hanno detto che era innocente». «Quasi nove anni di testimonianza cristiana!», rimarca il Pontefice. Francesco sottolinea che «anche il nostro tempo ha tanti martiri!». Spesso si tratta di «intere comunità che hanno vissuto eroicamente il Vangelo o che hanno offerto a Dio la vita di tutti i loro membri». E «il discorso si amplia ulteriormente se consideriamo la dimensione ecumenica del loro martirio, ricordando gli appartenenti a tutte le confessioni cristiane». E qui Francesco cita il caso del gruppo dei ventuno martiri copti uccisi in Libia il 15 febbraio 2015 e recentemente introdotti nel Martirologio romano. «Morivano – ricorda – dicendo: “Gesù, Gesù”, sulla spiaggia».