LE PAROLE DI PIETRO. Il Papa: una Chiesa con le porte aperte
Se la Lumen fidei era stata definita un’enciclica a quattro mani (dato l’apporto di Benedetto XVI), la Evangelii gaudium è sicuramente il manifesto programmatico del pontificato di papa Francesco. Cinque capitoli più l’introduzione, 220 pagine, ampi riferimenti al Sinodo sulla nuova evangelizzazione (con le proposizioni dei padri sinodali citate 27 volte, anche se il testo va oltre l’esperienza del Sinodo). Ma soprattutto una parola chiave. La parola «gioia» menzionata per ben 59 volte. Questa in estrema sintesi la prima esortazione apostolica di papa Bergoglio, che chiede di essere analizzata nei suoi particolari. A cominciare proprio da quella gioia del Vangelo che diventa la forza propulsiva della «Chiesa in uscita», come la vuole il Papa.La Chiesa della gioia. «Il grande rischio del mondo attuale – esordisce di fatto il Pontefice –, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Invece «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» e rappresenta il migliore antidoto a «peccato, tristezza, vuoto interiore, isolamento». Al centro del nuovo documento c’è l’idea base del pontificato di Francesco: un Dio che «non si stanca mai di perdonare», mentre «siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia». Dio «torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra», «ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia». E il cristiano deve entrare «in questo fiume di gioia». No, dunque a «cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua»: «un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente la faccia da funerale», scrive il Papa, auspicando che il nostro tempo possa «ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore».La Chiesa in uscita. È l’altro nome della missione usato da Francesco. «L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa», afferma il Papa. Il primo capitolo, quindi, sviluppa il tema della riforma missionaria della comunità ecclesiale, chiamata ad uscire da sé per incontrare gli altri. In altri termini la Chiesa sa che deve «andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi». Perché questo avvenga, papa Francesco ripropone con forza la richiesta della «conversione pastorale», che significa passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione. No a prassi stantie e rancide obbliga. Si, invece a essere creativi per ripensare l’evangelizzazione. In questo contesto l’esortazione parla anche delle parrocchie che devono essere «ancora più vicine alla gente». Insomma una Chiesa dal «cuore missionario» e dalle «porte aperte». Invece, ammonisce il Pontefice, «di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori». Ma «la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa», soprattutto «i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati». «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade – scrive Francesco –, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli».
Papato e Conferenze episcopali. Dalla conversione non è escluso neanche l’esercizio del Primato del Successore di Pietro. Come Giovanni Paolo II in Ut unum sint aveva avanzato una richiesta di aiuto per comprendere meglio i compiti del Papa nel dialogo ecumenico, anche papa Bergoglio prosegue su questa richiesta e vede che una più coerente forma di aiuto potrebbe giungere se si sviluppasse ulteriormente lo Statuto delle Conferenze episcopali. «Non credo che ci si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo», sottolinea Francesco. E «non è opportuno – aggiunge – che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori». «A me spetta, come vescovo di Roma – puntualizza – rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione». Per il resto «ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale».Un’economia che uccide.«No a un’economia dell’esclusione e dell’iniquità», perché «questa economia uccide». «No alla nuova idolatria del denaro». «No a un denaro che governa invece di servire». «No all’iniquità che genera violenza». Sono questi alcuni dei capitoli principali del secondo capitolo dell’esortazione, che torna a stigmatizzare la «cultura dello scarto». «Non è possibile – ricorda papa Francesco – che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in Borsa. Questo è esclusione. Non si può tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole». Così «grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita».Il denaro poi «deve servire e non governare», incalza il Papa, secondo il quale «l’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano». «Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici». Inoltre tra i mali del nostro tempo, il Pontefice cita «una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista».
Il pericolo della mondanità. Innanzitutto il documento fa notare che le sfide dell’evangelizzazione dovrebbero essere accolte più come una opportunità per crescere che non come un motivo di depressione. Bando quindi «al senso della sconfitta». Per questo, afferma ancora il Papa, dinanzi alle sfide delle grandi «culture urbane», i cristiani sono invitati a fuggire da due rischi. In primo luogo, il «fascino dello gnosticismo», una fede cioè rinchiusa in se stessa, nelle sue certezze dottrinali, e che fa delle proprie esperienze il criterio di verità per il giudizio degli altri. Inoltre, il «neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico» di quanti ritengono che la grazia sia solo un accessorio mentre ciò che crea progresso è solo il proprio impegno e le proprie forze. Tutto questo contraddice l’evangelizzazione e crea una sorta di «elitarismo narcisista» che deve essere evitato. Cosa vogliamo essere, si domanda il Papa, «generali di eserciti sconfitti» oppure «semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere?».
È in altre parole il rischio – reale – di una «Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali». Occorre, quindi, non soccombere a queste tentazioni, ma offrire la testimonianza della comunione nella complementarità dei ruoli. A partire da questa considerazione, Papa Francesco espone l’esigenza della promozione del laicato e della donna «(«allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa»); dell’impegno per le vocazioni e dei sacerdoti. E in definitiva chiede di evitare la mentalità del potere facendo invece crescere quella del servizio per la costruzione unitaria della Chiesa.Il ruolo della famiglia. La famiglia «attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali». E a questo proposito l’Evangelii gaudium fa notare che «la fragilità dei legami diventa particolarmente grave» nella famiglia, «cellula fondamentale della società, luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli». «Il matrimonio – è la notazione del Papa – tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia».La difesa della vita è un altro dei temi toccati nel documento, che ribadisce come la posizione della Chiesa sull’aborto non sia «un argomento soggetto a presunte riforme o a modernizzazioni». «Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana», scrive Francesco. «Però è anche vero – aggiunge – che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà». La convinzione della della Chiesa non è «oscurantista», ideologica o conservatrice, perché la difesa della vita nascente «è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano», che è sempre «sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo».La dimensione sociale dell’evangelizzazione. A questo argomento è dedicato il quarto capitolo. La Chiesa sente come propria missione quella di «collaborare per risolvere le cause strumentali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri», come pure quella di «gesti semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete» che ogni giorno sono dinanzi ai nostri occhi. Lo sguardo del Papa è a 360 gradi e tiene conto dei problemi (il tema dei migranti, la denuncia delle nuove schiavitù) e delle responsabilità individuali che di solito non vengono considerate. «Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete di prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità». Più in generale due tematiche appartengono a questa sezione dell’Esortazione: l’inclusione sociale dei poveri e la pace e il dialogo sociale. Alla fine del discorso il Pontefice ricorda poi che «il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea e il tutto è superiore alla parte.Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione. È questo in definitiva l’invito del Papa, che ricorda come quello di evangelizzare non sia un impegno da addetto ai lavori, ma riguarda tutti i cristiani. «La nuova evangelizzazione, scrive Francesco nel quinto e ultimo capitolo, si sviluppa sotto il primato dell’azione dello Spirito Santo che infonde sempre e di nuovo l’impulso missionario a partire dalla vita di preghiera, dove la contemplazione occupa il posto centrale. La Vergine Maria «stella della nuova evangelizzazione» è presentata, a conclusione, come l’icona della genuina azione di annuncio e trasmissione del Vangelo che la Chiesa è chiamata a compiere nei prossimi decenni con entusiasmo forte e immutato amore per il Signore Gesù. In sostanza una Chiesa che si fa compagna di strada di quanti sono nostri contemporanei nella ricerca di Dio e nel desiderio di vederlo».