Il caso. Enzo Bianchi accetta il decreto; lascerà la comunità di Bose
Enzo Bianchi
Bose ritrova la serenità. Dopo lunghi mesi di tensione, è stato trovato un accordo che mette d’accordo tutti. Questa sera a tarda ora, dopo tre giorni di dialogo e di incontri, c’è stata la svolta sofferta ma tanto attesa. Nessun vincitore, nessun vinto.
L’ex priore Enzo Bianchi e i tre confratelli a cui un decreto della Segreteria di Stato ha imposto l’allontanamento, hanno trovato l’intesa con il delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, incaricato di far rispettare il provvedimento. Nei prossimi giorni l’accordo sarà perfezionato. Bianchi ha accettato di allontanarsi da Bose a “tempo indeterminato” e raggiungerà la località che gli sarà indicata.
Per i due fratelli Goffredo Boselli e Lino Breda il periodo di lontananza sarà di cinque anni, ma in un monastero diverso. Stesso tempo di “assenza forzata”, ma con una destinazione ancora diversa, per Antonella Casiraghi, la sorella compresa nella stessa decisione vaticana.
L’intera comunità riunita ha appreso la notizia con un sospiro di sollievo. Non tanto perché l’ex priore e gli altri confratelli hanno scelto di allontanarsi secondo le indicazioni della Santa Sede, sulla base di un documento “approvato in forma specifica dal Papa”. Quanto per la possibilità che questa incomprensione possa essere ricomposta in tempi ragionevoli.
Non si tratta infatti di un allontanamento permanente. Nessun siluramento, nessuna volontà di “scacciare” Enzo Bianchi dalla realtà che lui stesso ha ideato e costruito 55 anni fa. Ma la richiesta di un tempo di riflessione, in una località diversa, per permettere a tutti di ritrovare serenità e di ridefinire gli obiettivi connessi al carisma di Bose. La speranza di tutti è che questo periodo si possa chiudere, secondo le modalità e i tempi che saranno definiti con l’aiuto della Segreteria di Stato, per riavviare tutti insieme un percorso di fraternità di nuovo importante e sereno. Con l’accordo siglato ieri sera, e che ora dovrà essere perfezionato con le indicazioni delle varie destinazioni per Bianchi e per i confratelli che avevano deciso di rimanere legati a lui, si chiude però un periodo difficile.
Ci vorrà probabilmente tempo per rimarginare una ferita che rischiava di danneggiare l’immagine di Bose, confondere i tanti amici della comunità e, soprattutto disorientare i fratelli delle diverse confessioni cristiane che ormai da decenni guardano alla piccola realtà del Biellese come a un faro di speranza nel segno dell’unità. Con questa consapevolezza si è mossa la Segreteria di Stato. Prima i tentativi di ricomporre in via informale le incomprensioni che si erano create tra il fondatore di Bose, il nuovo priore Luciano Manicardi e il resto della comunità.
Poi, di fronte agli esiti poco efficaci di questi inviti al dialogo, la decisione di un passo formale, più impegnativo certo, ma anche più efficace per imprimere una svolta a una stagnazione rischiosa per tutti. Così tra il 6 dicembre 2019 e il 6 gennaio 2020 i visitatori apostolici – la delegazione vaticana era formata dall’abate Guillermo Leon Arboleda Tamayo, da suor M.Anne Emmanuelle Devéche, abbadessa di Blauvac e dallo stesso padre Cencini – hanno ascoltato a lungo, spesso per intere giornate, il fondatore, il nuovo priore e tutti i membri della comunità. Sulla base della loro relazione, la Santa Sede ha emanato il decreto che, lo scorso 13 maggio, ha deciso l’allontanamento temporaneo di Enzo Bianchi e degli altri tre confratelli.
Una decisione accolta dell’ex priore con profonda sofferenza. “Siamo disposti, nel pentimento, a chiedere e a dare misericordia”, aveva dichiarato mercoledì scorso in un comunicato. E misericordia, nell’ascolto paziente e nella disponibilità ad accogliere le sue considerazioni fino all’accordo finale, è stata impiegata con autentico spirito di fraternità senza ricorrere agli strumenti ultimativi del diritto canonico. Sarebbe stato davvero spiacevole infatti che la decisione di perseverare nella non obbedienza fosse sfociata in un decreto di dimissioni dalla comunità da parte della Santa Sede. Scelta che, pur prevista dalle norme, nessuno ha mai davvero preso in considerazione.
E alla fine la buona volontà dimostrata da entrambe le parti è stata premiata. Bose ora può ripartire. Può mettere da parte le incomprensioni “per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità e la gestione del governo”, può ritrovare il clima fraterno e rimettere a punto le linee portanti per quel processo di rinnovamento che, come auspicato dal priore Manicardi, intende imprimere nuovo slancio alla vita monastica ed ecumenica. Certo, le questioni sul tappeto sono tante e importanti, a cominciare dalla configurazione giuridica di Bose che, a oltre mezzo secolo dalla fondazione e nonostante la statura internazionale conquistata, è rimasta un’associazione privata di fedeli che dipende dal vescovo locale. Forse una struttura inadeguata per la svolta decisa oggi che apre alla comunità nuove e ancora più rilevanti prospettive.