La Chiesa il 14 febbraio avrà 20 nuovi cardinali, di cui 15 elettori: in molti vengono dalle cosiddette "periferie", Oceania, Africa, Asia, America Latina. Sarà cardinale anche monsignor Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo e assistente nazionale dei Medici cattolici. Riportiamo l'intervista rilasciata alla Radio Vaticana da Menichelli, raccolta da Sergio Centofanti.
Come ha accolto questa nomina?
Con sorpresa, naturalmente con gratitudine e con l’animo disposto a collaborare per l’amore e per il servizio alla santa Chiesa.
Dalle nomine si evince una Chiesa sempre più universale e aperta alle periferie…
Questo dovrebbe essere un po’ il tema di sempre. La Chiesa è per il mondo e per l’umanità e l’umanità ha tante facce. Generalmente noi siamo abituati, per tanti motivi, a vedere la faccia gioiosa; in realtà ci sono anche nelle nostre periferie, cittadine come Ancona, le sofferenze, le povertà, i disagi, le solitudini … sono numerosissime. Allora, questa attenzione, che tutti dobbiamo dare a quelle che ormai abbiamo imparato a chiamare “periferie”, dovrebbe diventare l’amore al centro dell’interesse pastorale. Questa è la grande speranza e il grande impegno del rinnovamento della pastorale.
Quali sono, a suo avviso, le sfide principali della Chiesa in questo tempo?
Sono convinto che la Chiesa deve muoversi, naturalmente senza abbandonare mai nessuno è ovvio, seguendo due traiettorie, segnate proprio da crisi indotte e da crisi sopportate: una è proprio la povertà e i grandi disagi, le grandi sofferenze che ci sono in giro e che spesso risultano moltiplicate sotto l’enfasi della comunicazione. L’altra – che è centrale nella vita della Chiesa – è la famiglia come chiesa domestica. Dobbiamo assolutamente rinnovare un’alleanza con la famiglia, renderci conto che la famiglia è la dimensione scelta dal Figlio di Dio, farsi vedere misericordia e per essere segno della misericordia di Dio. Ha avuto bisogno di un grembo materno e ha scelto una famiglia. Credo che questi siano i due cammini sui quali muoverci con pazienza, con serenità, con vivo discernimento e – aggiungo – con una grande passione pastorale, invocando il dono dello Spirito affinché ci aiuti a decodificare ciò che di giorno in giorno conosciamo e ciò che di giorno in giorno bussa inquietamente alle nostre porte. Credo che siano questi i due temi fondamentali.
Lei è stato al Sinodo sulla famiglia; c’è stato un grande dibattito, a volte anche vivace, e ha parlato di misericordia ma non di scorciatoie…
Sì, noi non dobbiamo dimenticare una cosa: Gesù, Figlio di Dio, di Maria e nostro salvatore, ci ha donato la verità e ci ha donato la misericordia. Il nostro impegno come Chiesa è mettere insieme verità e misericordia perché laddove non ci riusciamo rischiamo di dividere la persona di Cristo. Verità e misericordia nascono dalla persona di Gesù. Noi dobbiamo essere capaci di entrarci dentro, di viverle personalmente, di testimoniarle e di donarle al mondo.
Qual è il suo augurio per la Chiesa in questo 2015?
Una Chiesa che riscopra la gioia di non essere sola, di essere in compagnia del Risorto, di essere consolata dallo Spirito, ma anche consolata dal fatto che le persone attendono da lei la Parola che salva. Questo è ciò che auguro alla mia chiesa e alla Chiesa universale.