Chiesa

Il Papa a Loreto. E la mattina del 4 ottobre Giovanni XXIII prese il treno

Marco Roncalli giovedì 4 ottobre 2012
«Udienze. Importanti: card. Di Iorio con infor­mazioni circa vari pro­getti […] mgr Principi per affari Loreto e proposta di recarmi colà per l’otto­bre ». È il diario di Giovanni XXIII, da­tato 29 agosto 1959, a rivelarci quando nacque l’idea di quel primo viaggio pa­pale fuori Roma in età contemporanea. A proporglielo Primo Principi, prelato marchigiano dai molti ruoli: ammini-­stratore pontificio della Basilica di San Paolo fuori le Mura e di Loreto, delegato pontificio della Basilica di Sant’Antonio da Padova, nonché segretario della Congregazione della Reverenda Fab­brica di San Pietro. E tuttavia la sua pro­posta cadde.Occorre arrivare al 28 settembre 1962 per ritrovare sull’agenda roncalliana un nuovo riferimento dentro una no­ta circa un pomeriggio nella Torre di San Giovanni insieme a monsignor An­gelo Dell’Acqua, sostituto della Segre­teria di Stato: «...Con lui confidai il pen­siero antico e che ora mi venne sem­plice e improvviso come un dimenti­cato che si ripresenta e a cui non pen­savo: cioè una visita personale del Pa­pa a Loreto nell’antivigilia del Conci­lio », Neppure sei giorni dopo e il dise­gno di quel vago ricordo era già realtà.E la mattina del 4 ottobre 1962 il Papa usciva per la prima volta dai confini del Lazio: destinazione Loreto ed Assisi. E­ra dal 1857 che un Papa non metteva piede nei territori dell’antico Stato pon­tificio. Giovanni XXIII andava ad affi­dare il Vaticano II alla protezione della Madonna (e del Poverello). Per l’occa­sione, a tempo di record, si rimetteva in uso la stazione ferroviaria del Papa nata con lo Stato del Vaticano e di fat­to usata sono nel ’59 per il convoglio speciale per la traslazione della salma di Pio X a Venezia. Il treno, prestato dal Quirinale faceva la prima fermata "in Italia" a Trastevere. Lì saliva il presi­dente del consiglio Amintore Fanfani con una delegazione del governo (il presidente della Repubblica Antonio Segni avrebbe raggiunto il Papa a Lo­reto; mentre ad Assisi ci sarebbe stato Aldo Moro). Nonostante i dolori del male che ave­va aggredito il Pontefice, e il tragitto non brevissimo, ecco il Papa in piedi per lunghi tratti, pronto ad ogni sta­zione a benedire dal finestrino le folle assiepate per salutarlo.A Loreto, nel frattempo, la gente colmava la piazza del Santuario e molti stavano aggrap­pati alla fontana del Maderno, attorno alla statua di Sisto V, o premevano sul­le mura della Santa Casa. Tanta gente invece avrebbe preferito fare ala al pas­saggio della Mercedes Benz scoperta che di lì a poco avrebbe portato il Pa­pa al Santuario. Le sequenze successi­ve ci riconsegnano Giovanni XXIII in preghiera, mentre recita l’Angelus e si rivolge alla folla. «Tutti siamo pellegri­ni sulla terra – disse – e andiamo verso la patria. Lassù è la meta dell’incedere quotidiano, l’anelito dei nostri sospiri: i cieli si aprono sulla nostra testa e il messaggio celeste rinnova il ricordo del prodigio per cui Dio si è fatto uomo e l’uomo è diventato fratello del Figlio di Dio». Era la stessa Basilica mariana a suggerirgli i pensieri: l’annunciazione del Verbo è il mistero del congiungi­mento del cielo con la terra; anche que­sto il vero scopo del Concilio. Poi via, destinazione Assisi. Stesse scene del mattino e la mano del Papa che conti­nuava a benedire.Sulla tomba di Fran­cesco il Papa elogia il santo, l’uomo del­la povertà capace di compendiare «in una sola parola il ben vivere, inse­gnandoci come dobbiamo metterci in comunicazione con Dio e con i nostri simili». Brevissima sosta davanti alla Basilica ed altre tre ore di viaggio per Roma. A sera, rientrato nella camera all’ultimo piano del Palazzo Apostoli­co, il Papa appuntava: «Questa è data da scriversi aureo colore nella mia vi­ta: il pellegrinaggio che volli fare - e po­chi giorni bastarono al concepirlo, al farlo e a riuscirvi con l’aiuto del Signo­re - alla Madonna di Loreto, e a san Francesco di Assisi, come a implora­zione straordinaria 'di grazia' per il Concilio Ecumenico Vaticano II. Lo pensai, al solito, con semplicità, lo de­cisi: il cardinale Segretario di Stato se ne interessò con vivo trasporto. Scrivo questa nota al termine della giornata che di fatto resterà una delle più sante e felici del mio umile pontificato».