Toscana. Don Alcide Lazzeri, il parroco ucciso dai nazisti per salvare il paese
Don Alcide Lazzeri, il parroco di Civitella in Val di Chiana ucciso dai nazisti nel 1944
Nel borgo di Civitella in Val di Chiana, a una ventina di chilometri da Arezzo, la piazza centrale è intitolata a don Alcide Lazzeri. Anche nel portone di bronzo della chiesa c’è il suo ritratto accanto a Gesù Buon Pastore. Don Lazzeri è stato il parroco ucciso dalla ferocia nazista il 29 giugno 1944. La prima delle 244 vittime della divisione “Hermann Göring” in ritirata che in questo angolo di Toscana, fra Civitella, Cornia e San Pancrazio di Bucine, ha compiuto una delle più atroci stragi della seconda guerra mondiale in Italia. Il sacerdote «offrì la propria vita in cambio della salvezza del suo popolo e non fu ascoltato», spiega il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, l’arcivescovo Riccardo Fontana. Perché, quando i soldati del Reich fecero irruzione nella chiesa piena di fedeli, dopo la prima Messa per la solennità dei santi Pietro e Paolo, e uno dei militari si mise a gridare «Tutti fuori », don Lazzeri si presentò e disse: «Uccidete me e lasciate libero il mio popolo».
Una morte «in odio alla fede», si legge nell’editto firmato da Fontana per l’apertura della fase diocesana del processo di beatificazione a settantacinque anni esatti dall’assassinio del prete. La Conferenza episcopale toscana ha dato il via libera. «Ancora oggi – aggiunge l’arcivescovo – è viva la sua fama di martirio. Con questa scelta la nostra Chiesa vuole consegnare alle generazioni future il messaggio che la fede sa resistere al male». La causa è iniziata nel giorno dell’eccidio, con l’insediamento del tribunale nella chiesa di Civitella. Era presente anche l’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling. «Un gesto di fraternità con il popolo di Germania per costruire in- sieme un’Europa senza il dramma delle ideologie totalitarie e liberticide», commenta Fontana.
Nato a Chitignano nel 1887, Alcide Lazzeri entrò giovanissimo nell’Ordine dei Frati minori francescani alla Verna dove, compiuti i 23 anni e vestito il saio, venne ordinato sacerdote. Fu cappellano accanto alle giovani truppe durante la Grande guerra. Un’esperienza che lo accompagnò per tutta la vita. Lasciato l’Ordine, fu nominato parroco, fino a giungere a Civitella. «Avendo conosciuto tra il 1915 e il 1918 i danni irreparabili di un conflitto, è stato sempre difensore della pace», ricorda Fontana. Il massacro di Civitella fu preceduto dal raid partigiano in cui persero la vita tre soldati tedeschi. «Don Alcide – continua l’arcivescovo – si preoccupò di mostrare l’estraneità della comunità a quanto accaduto e organizzò per essi una sepoltura cristiana ». Il 29 giugno la rappresaglia. Il paese venne messo a ferro e fuoco. «La chiesa – sottolinea Fontana – fu profanata. Il parroco continuò a professare l’innocenza della sua gente, implorando di prendere lui al loro posto. E fu il primo a essere trucidato, come monito per gli altri».
Al gesto eroico di don Lazzeri deve la sua vocazione presbiterale il vescovo emerito di Fiesole, Luciano Giovannetti, oggi 85 anni e quel 29 giugno chierichetto accanto al sacerdote, che sarà fra i testimoni nella causa. «E che quella di Civitella sia stata una strage contro il Vangelo – conclude Fontana – lo testimonia anche ciò che una donna aveva consegnato al mio predecessore Emanuele Mignone: le ostie calpestate dai soldati nazisti in segno di spregio e i brandelli dell’abito sacerdotale di don Alcide il cui corpo fu bruciato».