Loreto. Divorziati in confessionale, i criteri della misericordia
Al tavolo dei relatori, da sinistra, Nykiel e Brambilla
Per esprimere un giudizio morale coerente con il Vangelo non basta mettere a confronto legge e coscienza. Occorre un terzo elemento, la valutazione del bene possibile. Una strada resa possibile dal nuovo sguardo di Amoris laetitia, reso più limpido dal collirio della misericordia, «che non significa passare sopra le situazioni gravi dal punto di vista morale e spirituale, ma accompagnarle sulla via delle riconciliazione. E anche accettare che non tutte le discussioni dottrinali, morali e pastorali possano e debbano essere risolte con interventi del Magistero».
L’ha spiegato ieri a Loreto il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, vicepresidente della Cei, nell’ambito del Simposio dedicato ai confessori. Al centro della riflessione – “La santità: una chiamata per tutti. L’ac-compagnamento in foro interno” – le modalità più opportune per tradurre in percorsi esistenziali le indicazioni del capitolo VIII di Amoris laetitia. Il vescovo teologo ha posto l’attenzione su quattro questioni di fondo (il cambiamento di stile e linguaggio prodotto dall’Esortazione postsinodale, il discernimento, la legge della gradualità e l’integrazione tra persona e comunità) e ha indicato alcuni gesti concreti da mettere in atto nel percorso di discernimento da parte del confessore. Innanzi tutto occorre valutare le diverse situazioni. Una casistica infinita. Il Papa, consapevole dell’impossibilità di stendere un elenco esauriente, si limita in Amoris laetitia a indicare, alcune tipologie. Mettere a fuoco questa realtà esistenziale, ha fatto notare Brambilla, è indispensabile «per leggere l’eventuale irreversibilità della propria condizione, riconoscere quanto di bene c’è stato nella prima unione, favorire le dinamiche di riconciliazione». Ma per contribuire a riconciliare la memoria, occorre ricostruire le relazioni per aiutare la coppia «a elaborare rabbia, sensi di colpa, situazioni pendenti, ferite relazionali». E, ancora, occorre coinvolgere l’interiorità in modo da «attivare la sincerità della vita cristiana e sostenere la formazione di un retto giudizio», operazione in cui si dovrà evitare «sia l’individualismo pastorale dei sacerdoti, sia il soggettivismo pastorale dei fedeli». L’ultimo gesto, quello dell’integrazione, prevede alla luce del discernimento, l’integrazione nella vita della comunità e non va inteso – ha fatto notare il vescovo di Novara – come «un accesso indiscriminato » ai sacramenti, ma come «espressione di un autentico cammino di conversione» in una logica di continuità.
In precedenza, dopo i saluti dell’arcivescovo Fabio Dal Cin, delegato pontificio di Loreto, il rapporto tra riconciliazione e santità alla luce dell’Esortazione apostolica Gaudete et Exsultate, era stato affrontato da monsignor Krzystof Nykiel, reggente della Penitenzieria apostolica. «La santità– ha sottolineato tra l’altro – non è assenza di peccato, ma mezzo per l’incontro con Dio, atto di fiducia e di speranza nel cuore dell’uomo ». E, dopo aver sollecitato i confessori a pregare di più, prima e dopo l’esercizio del ministero, e indicato due grandi esempi, due uomini che hanno fatto del confessionale uno strumento di santità, padre Pio e padre Leopoldo Mandic. Stamattina don Riccardo Gobbi, responsabile della pastorale familiare a Mantova, e don Luciano Morello, membro del Servizio pastorale Amoris laetitia di Torino, illustrano le buone prassi avviate nelle rispettive diocesi.
Ma come orientare i cammini nei casi più complessi? Quale esito attendersi per le coppie che mostrano situazioni obiettivamente lontane dall’ideale? «L’importante è avviare una dinamica di vita cristiana aperta a quanto lo Spirito suscita, disponibile ai cambiamenti o agli approfondimenti che si renderanno via via come necessari», osserva monsignor Eugenio Zanetti, vicario giudiziale della diocesi di Bergamo, che da vent’anni conduce il gruppo 'La Casa', con persone separate, divorziate e risposate. Nel suo intervento di questa mattina la proposta di alcuni criteri concreti di accompagnamento per chi vive relazioni problematiche, delicate o irrisolvibili, che cioè non potranno mai sfociare nel matrimonio. Ma l’obiettivo di accogliere, discernere e integrare vale anche per loro.