Il caso. Disimparare e rimparare con i popoli. La sfida della Conferenza dell’Amazzonia
Una veduta amazzonica
«Essere capaci di imparare, dis-imparare, rimparare insieme ai popoli dell’Amazzonia». È questa la sfida della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama) per il prossimo futuro. Un’opzione non nuova; ne ha segnato la nascita nel giugno 2020 e ne ha accompagnato il cammino per il riconoscimento ufficiale da parte di papa Francesco, arrivato dieci mesi fa. Ha voluto, però, ribadirla nella prima assemblea in presenza che si è conclusa la settimana scorsa a Manaus. Un momento importante: il primo, di fatto, dall’approvazione degli statuti. Là, nella metropoli-simbolo della sterminata foresta estesa in nove Paesi, si sono ritrovati oltre settanta rappresentanti delle varie istituzioni fondatrici – il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), la Conferenza latinoamericana dei religiosi e delle religiose (Clar), la Caritas dell’America Latina e la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) –, i delegati delle sette Conferenze episcopali presenti nella regione, e vari invitati speciali, tra i quali il cardinale Micheal Czerny, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.
A unirli il profondo desiderio di tratteggiare una Chiesa dal volto amazzonico, cioè «in uscita, impegnata nella difesa della casa comune e dei poveri e capace di camminare insieme», ovvero di vivere ogni giorno la sinodalità. Un lavoro di costruzione complesso e delicato, dalle fondamenta, però, solidamente radicate nel magistero post-conciliare, a partire dalla profetica affermazione di Paolo VI del 1971, «Cristo ci indica l’Amazzonia». L’anno successivo si è svolto lo storico incontro di Santarém, che ha rappresentato una svolta per l’evangelizzazione incarnata nella regione. Su questi pilastri si è retta l’edificazione della Repam, il Sinodo speciale del 2019, aperto con dieci mesi d’anticipo dal Papa nella peruviana Puerto Maldonado e culminato nel Documento finale, nonché i “sogni” di Querida Amazônia.
Questi ultimi costituiscono l’orizzonte e l’ispirazione della Ceama, insieme a quelli di «altri due Francesco: il santo di Assisi capace di vedere in ogni creatura un fratello o una sorella, e “Francesco d’Amazzonia”, il cardinale Claudio Hummes», colui che ispirò la scelta del nome dell’attuale vescovo di Roma e si è spento il 4 luglio 2022. Guidati dal loro esempio e testimonianza, Ceama è determinata a stare al fianco dei popoli dell’Amazzonia in un momento cruciale.
«Si moltiplicano le denunce di crimini perpetrati contro la vita e i territori, in particolare degli indigeni», si legge nel comunicato finale. Al recente vertice di Belém, i leader degli Stati amazzonici si sono limitati «a risposte timide e vaghe». Domani l’Ecuador deciderà sull’estrazione petrolifera nel parco di Yasuní, scrigno di biodiversità, e nel Chocó andino e i produttori di idrocarburi non hanno risparmiato gli sforzi per ottenere un esito favorevole ai propri interessi economici miliardari. Al dramma sociale si aggiunge, in ambito ecclesiale la scarsa ricezione da parte di alcuni gruppi cattolici del magistero di Francesco e il permanere del clericalismo. In questo panorama ricco di ombre, non mancano, però, le luci, in particolare «la maggior cooperazione e sinergia tra Ceama, Repam, le differenti Conferenze episcopali e la vita religiosa».
L’idea è rendere sempre più fluida tale relazione a partire dai verbi «ascoltare, dialogare, agire». Viene, inoltre, sottolineata la maggiore consapevolezza dell’importanza dell’Amazzonia per l’umanità intera. E il protagonismo delle donne, sempre più presenti nell’azione sociale e pastorale. L’assemblea ha confermato il cardinale Pedro Barreto come presidente e tre dei vicepresidenti, Patricia Gualinga, in rappresentanza delle popolazioni indigene, suor Laura Vicuña, per la vita religiosa, e Mauricio López, per i laici. Padre Zenildo Lima, rettore del Seminario di Manaus, è stato eletto vicepresidente in rappresentanza dei sacerdoti e dei diaconi.